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Un poligono sempre sotto tiro

La sentenza del Tribunale Civile di Roma che ha riconosciuto il risarcimento per la famiglia del sottufficiale Andrea Antonaci, vittima dell’uranio impoverito, ha riacceso l’attenzione per il poligono militare nei pressi di Frigole e per le condizioni di sicurezza in cui operano i militari che vi prestano servizio
 
Due settimane fa dalle pagine di Belpaese avevamo annunciato la sentenza storica del Tribunale Civile di Roma che ha condannato il Ministero della Difesa a risarcire la famiglia del sergente maggiore Andrea Antonaci, originario di Martano e morto nel 2000 a 26 anni dopo una missione in Bosnia Erzegovina, riconoscendo il nesso causale tra la sua morte e l’esposizione alle polveri di uranio impoverito. La vicenda ha riacceso l’attenzione sui rischi legati a questa sostanza utilizzata per scopi bellici e ha riportato al centro delle cronache le attività svolte presso il poligono militare di Torre Veneri a Frigole. 
A lanciare l’allarme è stata la relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito, dalla quale emerge un quadro per lo meno sospetto per la sede militare salentina: il poligono di Torre Veneri è già stato in passato oggetto di indagini e inchieste in merito alle condizioni con cui vi si svolgevano le attività di esercitazioni previste, alla luce anche dei casi di patologie tumorali riscontrate in militari che lì avevano prestato servizio. L’ultimo caso ha riguardato un soldato di Aradeo vittima del linfoma di Hodgkins -la stessa patologia contratta da Andrea Antonaci-; lo stesso militare affermò a suo tempo di aver svolto presso il poligono diverse esercitazioni maneggiando armi e munizioni senza alcun tipo di protezione. Prima ancora, nel 2007, un militare di Copertino aveva denunciato di essere affetto da un emoblastoma mandibolare, un tumore osseo (il giovane aveva prestato servizio nel poligono dal 1998 al 1999).
La relazione della Commissione d’inchiesta ha portato alla luce “la presenza di zone, sia a terra sia nel mare circostante, dove si sono accumulati residuati delle attività di esercitazione, che richiedono importanti e costanti interventi di bonifica”; nella stessa area marina sono stati poi rinvenuti nelle profondità relitti inerti e soprattutto proiettili di esercitazione. In particolare nel marzo di quest’anno il capitano ed esperto balistico Paride Minervini ha evidenziato in Commissione d’inchiesta, con documentazione fotografica, la presenza di materiale inerte sul terreno di esercitazione del poligono (il che potrebbe significare significherebbe una non adeguata attività di bonifica). Nessuna certezza e nessuna prova effettiva sulla pericolosità delle attività svolte all’interno del poligono di Torre Veneri, ma il quadro presentato dalla Commissione d’inchiesta e i casi di tumori che hanno interessato alcuni militari lì impiegati non fanno dormire sonni tranquilli. 
 
Alessandro Chizzini