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Un malessere privato

La delibera n. 1.500 della Giunta regionale ha determinato una vera e propria bufera nel settore della sanità privata pugliese, rivoluzionando il criterio dei tetti di spesa e dei rimborsi. Il confronto vede da una lato i centri medici accreditati, i cui addetti temono di perdere i loro posti di  lavoro, e dall’altro la stessa Regione Puglia, che in questo momento ha l’esigenza di  razionalizzare il sistema-sanità. Nel mezzo gli utenti, che faticano ancora a capire se grazie a tutto questo otterranno sevizi migliori e una diminuzione reale delle liste d’attesa 
 
La sanità privata? Nel caos, ma anche quella pubblica non gode di buona salute. A seguito di una delibera di Giunta, la n. 1.500 del mese di giugno, sono state apportate modifiche e integrazioni agli accordi contrattuali che annualmente i centri medici privati accreditati sottoscrivono con le Asl provinciali. E non solo: i contratti con i centri accreditati non sono ancora sottoscritti e la Asl di Lecce continua a revocare le sue stesse delibere. 
Qual è l’elemento che ha scombussolato le carte? La distribuzione dei tetti di spesa non terrà conto del budget storico. Prima di questa rivoluzione, che (sia chiaro) nulla ha a che vedere con i tagli imposti dal Piano di rientro concordato dalla regione Puglia con il governo, i tetti di spesa riconosciuti alle singole strutture venivano calcolati sulla base del fatturato del 1998. Oltre quel budget i laboratori accreditati erogavano prestazioni extra tetto a prezzi “stracciati”. Il sistema, così come sino ad oggi lo abbiamo conosciuto, è stato sostanzialmente azzerato. Il budget disponibile sarà diviso per la popolazione residente per quantificare la spesa disponibile procapite. A sua volta si moltiplicherà il dato procapite per il numero di abitanti di ogni comune in modo da stabilire il budget per città. A questo punto la somma complessiva sarà a sua volta distribuita per il 50% in maniera equa tra tutte le strutture presenti in città e per il 50% sulla base delle caratteristiche delle singole strutture. Non è finita. Il budget di comuni che eventualmente non dovessero avere centri accreditati sarà a sua volta diviso, sempre equamente, tra le strutture del comune più vicino. 
Roba da mal di testa, ma questa è la filosofia che ha mosso l’assessore alla Sanità pugliese, Tommaso Fiore. L’obiettivo dichiarato è di razionalizzare il sistema. “Le attività ambulatoriali della Regione Puglia -afferma Francesco Pignatelli, titolare dell’omonimo laboratorio di analisi a Lecce- incidono sul bilancio della sanità per il 3% e comprendono: laboratori analisi, fisiokinesiterapia, radiologia, odontoiatria, oculista, visite specialistiche. I laboratori analisi pesano per lo 0,8%. Non siamo noi a incidere pesantemente e negativamente sul bilancio della sanità. Le strutture sanitarie serie da anni garantiscono prestazioni di alta complessità e con elevati contenuti qualitativi. Con una delibera viene spazzato via quanto abbiamo costruito in termini di professionalità e competenza. I cittadini devono sapere che la Asl di Lecce, con una delibera di luglio, ha osservato che uno dei maggiori effetti negativi dell’attuale sistema è la polverizzazione del sistema che vede solo alcuni laboratori superare la massa critica dei circa 300mila test al di sotto del quale la letteratura fissa un limite di guardia in termini di qualità. Dopo la firma di questo accordo si allungheranno i tempi delle liste di attesa, ma soprattutto non è chiaro chi erogherà le prestazioni di alta complessità, se i centri attrezzati saranno penalizzati dall’assegnazione di tetti di spesa che non tengono conto della specificità e della qualità di prestazione. Si determinerà la situazione paradossale di budget esagerati per piccole strutture che non sono pronte a erogare qualsiasi tipo di prestazione”. 
L’assessore Fiore ritiene che oggi il sistema può, finalmente, funzionare premiando e valorizzando competenze e professionalità sulla base dei criteri fissati per la distribuzione del tetto di spesa. Nel caso dei laboratori analisi, ad esempio, si determinerà una classificazione secondo la quale si avranno dei punti prelievo, diffusi in modo capillare, e pochi centri super specializzati che effettueranno la diagnostica. Come saranno valutati i centri accreditati? La Regione Puglia ha predisposto delle griglie di autocertificazione in cui viene assegnato un punteggio per ogni voce. La superficie dello studio, la presenza di una sala d’attesa dotata di servizi igienici, il distributore numero per l’attesa, la strumentazione, il personale dipendente. Ma i criteri sono parte delle condizioni minime per il rilascio delle dovute autorizzazioni. 
 
Maddalena Mongiò