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Un buco nell’acqua

Le navi della Northern Petroleum non si fermano e intendono andare fino in fondo per individuare ed estrarre petrolio nel mare Adriatico meridionale. Interventi pericolosi per l’ambiente naturale, uno dei più grandi tesori che il nostro territorio possiede 
 
Petroceltic Else, Northern Petroleum e Spectrum Geo. Nomi austeri, che sanno un po’ di mitologia nordica, nomi di protagonisti di saghe incentrate in scenari glaciali e distanti. Invece si tratta di aziende multinazionali che vogliono, in qualche modo, cambiare il futuro della Mezzogiorno d’Italia. Riprende infatti l’incubo trivellazioni nell’Adriatico da parte delle tre società estere che sono certe di trovare, nel profondo del Mare Adriatico, l’oro nero, gli idrocarburi così preziosi e ricercati. Ma la Puglia, questa volta, sembra compatta nel dire un fragoroso “no” alle operazioni invasive che dovrebbero interessare la costa della regione più lunga d’Europa. 
A Polignano a Mare, lunedì 21 novembre si è fatto il punto della situazione. Ad incontrarsi l’assessore regionale dell’Ambiente pugliese Lorenzo Nicastro, oltre al presidente del consiglio regionale Onofrio Introna, il presidente della Provincia di Bari, Francesco Schittulli, il presidente della Provincia di Brindisi, Massimo Ferrarese, l’assessore all’Ambiente della Provincia di Lecce, Francesco Pacella, i comuni costieri di Otranto, Melendugno, Rodi Garganico, Salve, Ginosa, Fasano, Monopoli Ostuni e Polignano a Mare oltre ai delegati delle associazioni per l’ambiente. 
Il documento approvato dal Consiglio comunale di Polignano è esemplare e racconta benissimo quanto sta accadendo a poche miglia dalla costa pugliese per colpa della Northern Petroleum. La società petrolifera, nel luglio scorso, dopo aver avuto diversi stop ammnistrativi ha nuovamente avviato la procedura di Via per la ricerca di idrocarburi nel mare Adriatico con una particolarità: la richiesta di sondaggi è stata fatta per una zona di mare al di là dei confini nazionali, probabilmente proprio per impedire l’intervento degli enti locali. Il Ministero infatti ha autorizzato le trivellazioni off-shore ad una distanza superiore alle 12 miglia dalle aree protette e a 5 miglia dalle coste dell’intero territorio nazionale. Così la Northern Petroleum ha spostato l’area del rilevamento e ispezioni geosismiche a una distanza minima dalla costa pari a circa 15,4 miglia marine. 
L’intera procedura in passato era già stata completamente bocciata dai Tribunali amministrativi della Puglia: “Il Giudice Amministrativo -si legge nel documento redatto dai sindaci- aveva stigmatizzato l’artificioso frazionamento dell’unico progetto di ricerca in cinque diverse procedure, prive di un necessario studio ambientale di carattere unitario che ponga in luce i rischi per l’ambiente derivanti dall’unico programma di ricerca. Il Tar di Lecce in particolare, ancora, aveva stigmatizzato l’impatto ‘davvero imponente’ della tecnologia utilizzata a sostegno del programma di ricerca ed ha sottolineato che, in difetto di metodi di ricerca meno impattanti, non v’è dubbio che unico baluardo di difesa per l’ambiente rimanga quello di una valutazione di impatto unitaria, cioè tale da fornire una visione completa delle interazioni e degli effetti di un programma umano di sfruttamento delle risorse dell’ecosistema da proteggere”. 
Sarebbe dovuta essere scritta la parola “fine”, ma l’affare è troppo ghiotto per essere abbandonato. Così adesso le società petrolifere ci riprovano senza preoccuparsi di distruggere uno dei tesori più belli della Puglia: il suo ambiente naturale. 
 
Italia Nostra: “Lo sviluppo sostenibile non passa per il petrolio”
 
La presenza delle due navi della compagnia petrolifera Northern Petroleum al largo delle costi pugliesi ha lanciato l’allarme sulla ripresa delle ricerche di petrolio nei nostri fondali. In questa battaglia, associazioni ambientaliste e amministratori locali di ogni colore politico si ritrovano uniti a respingere un vero e proprio attacco via mare al nostro territorio. La scelta di consentire i progetti delle multinazionali del petrolio nel basso Adriatico non ha tenuto conto della popolazione e degli enti locali, che si sono sentiti tagliati fuori da una decisione che li vede però protagonisti. 
Secondo Marcello Seclì, presidente della sezione sud Salento di Italia Nostra, “l’iniziativa intrapresa dai sette comuni rivieraschi, accanto alle battaglie ambientaliste che in questi mesi abbiamo portato avanti, mostra come ci debba essere una seria presa di coscienza su questi temi da parte di tutti”. Le indagini sui fondali effettuate con l’ausilio di cariche esplosive e l’evenienza di trivellazioni portano a riflettere su come la parola sviluppo può essere affiancata dalla parola sostenibile: “L’emergenza ha portato alla creazione di un fronte comune a livello istituzionale locale, una condivisione piena della battaglia per ovvie ragioni ambientali ed energetiche che, però, deve portare al concetto di rigore sulle risorse. In quello che può essere definito uno sviluppo sostenibile ci deve essere un parametro di gestione delle risorse in cui si valutano i costi altissimi a livello globale di qualunque scelta economica che ha sempre un effetto sull’ambiente”. 
L’impatto ambientale di un possibile incidente o dell’inquinamento porterebbe a danni irreparabili su un ecosistema e su un territorio che ha saputo nel tempo rinnovarsi e promuoversi per le sue virtù paesaggistiche. “Lo sviluppo -continua Seclì- non deve significare necessariamente una perdita di questi valori, ma neanche tornare alla società agricola del passato. Da questa si dovrebbe recuperare la sensibilità che faceva del rispetto della natura uno dei suoi cardini. Oggi questa sensibilità esiste solo dopo aver preso visione dei dati e dei danni dovuti agli incidenti occorsi alle piattaforme petrolifere e all’inquinamento. Non vogliamo che succeda anche stavolta”. 
Italia Nostra, impegnata nella tutela del patrimonio naturale e artistico nazionale e locale da mesi segue e denuncia le proposte delle multinazionali del petrolio che hanno puntato le trivelle sul mare Adriatico per la degli idrocarburi: “Come sezione sud Salento di Italia Nostra -conclude Seclì- abbiamo preso posizione da molto tempo sulle trivellazioni nell’Adriatico e ci siamo battuti per continuare la sensibilizzazione che deve arrivare nelle sedi centrali affinché vengano prese in considerazioni proposte sullo sviluppo sostenibile che non sfrutta l’ambiente ma lo conserva per le generazioni future; contro la produzione di idrocarburi bisogna valutare come ottimizzare le risorse già esistenti. Abbiamo redatto una bozza di documento che porteremo il 25 e il 26 novembre all’assemblea nazionale dei soci di Italia Nostra per condividere il problema e portarlo alla ribalta nazionale”.  
 
Oriana Rausa