L’oncologo, presidente provinciale della Lilt, spiega come il problema sia diffuso e sottolinea la necessità di controlli periodici per chi ha vissuto o lavorato in ambienti a rischio
La spada di Damocle dei tumori da amianto si sta abbattendo sul Salento. Sotto la lente d’ingrandimento gli emigranti che hanno lavorato in Svizzera e che ora stanno scontando i danni da mesotelioma pleurico. A causare questa parola, e soprattutto questa grave malattia, è l’amianto contenuto nell’eternit ma non solo: le fibre di amianto, contenute nei vecchi palazzi, deteriorandosi, disperdono nell’ambiente sostanze dannose.
“In effetti -spiega il presidente provinciale della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori, l’oncologo Giuseppe Serravezza– è l’amianto che compone l’eternit a essere pericoloso. L’amianto non colpisce solo i cosiddetti professionisti dell’eternit, cioè chi ha lavorato in Svizzera o in Piemonte con questo materiale, ma si trova anche nelle costruzioni di cemento realizzate fino agli anni ’90. Prima c’erano persone esposte solo per fini professionali, ma poiché l’amianto è un ottimo isolante termico, è stato ampiamente utilizzato nell’edilizia e si è diffuso nel nostro ambiente in maniera ubiquitaria”.
L’esposizione all’amianto provoca malattie ai polmoni, al peritoneo, all’addome, ai reni e malattie infiammatorie croniche oppure invalidanti, ma anche il tumore della pleura, chiamato mesotelioma pleurico. “Questo tipo di tumore -continua Serravezza- riconosce come unica causa l’esposizione all’amianto. Peraltro è difficile stimare la potenzialità d’insorgenza, poiché la comparsa della malattia è indipendente dal tempo di esposizione e dalla sua intensità. Ci possono volere anche pochissimi giorni o mesi di esposizione, ma la malattia può venire anche dopo trent’anni. Si tratta di un problema ambientale e sociale, che colpisce soprattutto pazienti che hanno lavorato nel settore dell’edilizia in Svizzera negli anni ’50 e ’60: in quella nazione, si utilizzavano nei sottotetti pannelli di amianto. Per gli altri però è difficile da individuare il tipo di esposizione: una volta ho avuto tra i miei pazienti persino un’insegnante, che si era ammalata perché aveva lavorato in una scuola i cui muri contenevano amianto”.
Le soluzioni che vengono proposte non sono di tipo curativo, perché se la malattia viene scoperta tardi si può fare ben poco. “I malati -conclude Serravezza- sono poco suscettibili di trattamento, possono essere curati solo se si riesce ad aggredire in tempo con una terapia chirurgica. In molti casi, tuttavia, la malattia si scopre a uno stadio avanzato e risulta fatale. Consiglio dei controlli periodici per chi ha lavorato in ambienti a rischio; in Puglia comunque esiste un registro dei mesoteliomi per stilare una statistica sui casi registrati. La nostra Regione, però, dovrebbe prendere esempio da quello che fanno da anni in Toscana e si sta iniziando a fare in Piemonte: una grande azione di bonifica, per garantire la salute delle popolazioni. Ci sono tante fabbriche o opifici in zone centrali delle città coperti ancora da eternit”.
Angela Leucci