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Separati in strada

Regione, Provincia, esponenti politici locali, Confindustria, ambientalisti e l’associazione vittime della strada gli uni contro gli altri armati di argomentazioni, esigenze e ragioni alimentano, infuocandolo, il dibattito in atto sul completamento della strada statale 275. La strada “della norte”, ma anche delle polemiche
 
Polemiche, esigenze e ragion di Stato sulla cantierizzazione del secolo alimentano le discussioni di questi giorni, già di per loro infuocati per via di una campagna elettorale insolitamente sotto zero (climaticamente s’intende). Che le argomentazioni in campo, almeno stavolta, relative al completamento della ribattezzata “strada della morte” non siano necessariamente legate alle istituzionali e contrapposte diatribe pro-urne, è motivo per far maturare negli utenti-cittadini-elettori la consapevolezza che le barricate vanno ben oltre il 28 e 29 marzo. Servono (ed è questo l’auspicio, del resto) a dipanare una matassa che da dieci anni ed oltre a questa parte si è ingarbugliata sempre più, divenendo difficile da sbrogliare se non con strappi decisi che potrebbero lasciare il segno.
Il 21 gennaio scorso è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la delibera Cipe che dà corso alla fase operativa del progetto. Alla scadenza dei due mesi canonici buoni per impugnare tale atto manca poco più di una settimana. La vice-presidente della regione Loredana Capone ha già attivato la macchina burocratical-politica per arrestare l’iter, ed all’iniziativa si sono associati il direttore del Servizio Trasporti, il responsabile dell’ufficio urbanistica e l’avvocatura di stanza a Viale Capruzzi. Apriti cielo. “Il raddoppio della 275 è un’opera imprescindibile per il nostro territorio”, tuona dal Pdl il parlamentare Luigi Lazzari; “L’Anas è rimasta sorda alle richieste delle imprese, delle associazioni di categoria e di quella parte della politica che si sono impegnate per la riconsiderazione l’appalto della 275”, ribatte il presidente di Ance Lecce, Nicola Delle Donne.
Sul piatto non ci sono solo i 288 milioni di euro per realizzare l’opera (135 dei quali pescati dai fondi a disposizione delle aree sottoutilizzate; e 153 messi di tasca propria dalla Regione nel 2003 dall’allora governo-Fitto). In ballo c’è anche e soprattutto la questione ambientale, considerato cioè il rischio che il territorio ed i paesaggi salentini possano essere deturpati e sfregiati irrimediabilmente da una colata di cemento, da viadotti e rotatorie. Nella parte finale dell’opera, da Montesano al Finibus Terrae, sono alte le chance che si determini il classico pugno nello stomaco (e nell’occhio) di una terra per certi versi ancora incontaminata. Gli ambientalisti, per questo, sono sul piede di guerra. Italia Nostra (e non solo) per voce di Marcello Seclì presidente della Sezione Sud Salento dell’associazione, ha già manifestato davanti alla Provincia ribadendo il proprio no “ad una pratica urbanistica che impatta mortalmente sul territorio”, insistendo invece sulla realizzazione di un progetto sostenibile che riesca a coniugare tutte le esigenze.
Intanto l’Anas ribadisce che il progetto non può essere modificato. Le corsie rimarranno quattro e nei tempi tecnici della procedura l’8 febbraio scorso si è già registrato il primo step relativo alla scadenza dei termini concessi alle aziende per aggiudicarsi i lavori. A rigor di bando, la ditta aggiudicataria ha 1.180 giorni per consegnare l’opera: 180 per la redazione del progetto esecutivo e 1.000 per l’esecuzione dei lavori. Ma a questi, ovviamente, vanno aggiunti anche quelli delle polemiche. Infinite come la storia di una cantierizzazione che più che unire il Salento, per ora, tende a dividerlo. 
 
Daniele Greco