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Senza tetto né legge

Mentre le Caritas Diocesane sono impegnate nell’organizzare l’accoglienza dei profughi come prescritto da Papa Francesco, a Lecce è sempre più drammatica la condizione dei cittadini italiani che hanno perso la propria casa a seguito di sfratto, divorzio o perdita del lavoro e sono costretti a vivere in macchina, in strada o presso la Stazione ferroviaria. Una situazione grave, che rischia di degenerare in una guerra tra poveri 

 

Il messaggio di Papa Francesco, pronunciato il 6 settembre scorso, è stato chiaro: “Ogni parrocchia ospiti una famiglia di profughi”. I vescovi delle Diocesi del Salento hanno recepito immediatamente il messaggio e lo stesso monsignor Domenico D’Ambrosio, arcivescovo metropolita di Lecce, in occasione di un recente incontro tra ecclesiastici a Roca ha ricordato le parole di Gesù nel Vangelo: “Ero straniero e mi avete accolto e ospitato”, annunciando l’istituzione di una task force presso la Caritas per predisporre l’accoglienza e l’ospitalità di coloro che giungeranno nella Diocesi di Lecce -composta da ben 75 parrocchie- da paesi quali Siria, Pakistan e Libia (per citare i principali). 

Monsignor Vito Angiuli, vescovo della Diocesi di Ugento – Santa Maria di Leuca incontrerà i 42 parroci domenica 20 settembre per organizzare l’accoglienza. Stesso discorso per la Diocesi di Otranto, guidata da monsignor Donato Negro, per la quale in questi giorni è in corso il convegno annuale, giusta occasione per fare il punto della situazione e pianificare gli interventi. Monsignor Fernando Filograna, rettore della Diocesi di Nardò – Gallipoli, ha ricordato l’impegno della Caritas nell’assistenza dei braccianti extracomunitari nelle campagne e la mensa per i poveri di Nardò, e ha garantito per l’impegno dei suoi parroci dell’accoglienza dei profughi. 

C’è dunque da applaudire per l’impegno profuso dalle Diocesi salentine (anche se qualche malpensante potrebbe insinuare che dal Governo arriveranno tanti soldi per il rimborso delle spese per l’accoglienza) ma ai “nostri” poveri salentini chi ci pensa? Senza dimenticare le famiglie che per colpa della crisi non riescono ad arrivare alla fine del mese, di fatto c’è chi sta peggio di loro: sono i senza tetto, che vivono in una macchina o direttamente in strada perché senza lavoro, separati o divorziati, sfrattati e in attesa di un alloggio popolare, le cui assegnazioni sono bloccate a causa di inchieste giudiziarie. 

L’arrivo in massa di profughi dall’Est e dall’Africa ha coinciso con una drammatica condizione che il nostro Salento e in particolare la città di Lecce stanno vivendo, dove in assenza di risorse e strutture pubbliche finora è stata la stessa Caritas, insieme alle associazioni di volontariato, a farsi carico del problema. Ma ora che le Caritas Diocesane saranno sempre più impegnate a fornire assistenza e accoglienza ai profughi, che cosa ne sarà di queste persone che vivono in strada per le quali, a meno di un massiccio intervento pubblico, in futuro saranno disponibili sempre meno risorse? 

Per comprendere meglio il fenomeno vi proponiamo un breve viaggio -con poche luci e tante ombre- nella città Capitale italiana della Cultura, dove però la cultura della solidarietà deve ancora entrare a pieno titolo nell’agenda dei suoi amministratori, per evitare che a breve scoppi una vera e propria guerra tra poveri. 

 

Don Attilio Mesagne: “La Caritas accoglie tutti, ma il Comune ci aiuti”

 

Papa Francesco chiama e la Caritas risponde. E così, la sezione leccese dell’ente di accoglienza e solidarietà è pronta a dare seguito all’appello del Pontefice, sfruttando le sue tante sedi sparse nel capoluogo salentino. A Lecce la Caritas Diocesana dispone di tre centri di accoglienza, tra cui la Casa della Carità presso la Corte Gaetano Stella, la Casa “San Vincenzo De’Paoli” di via Colonnello Costadura e la Casa “Emmaus” presso la Parrocchia “S. Maria del’Idria”; sono invece nove i punti mensa che comprendono, oltre alla Casa della Carità, anche le Suore Vincenziane, le Suore Salesiane dei Sacri Cuori e le Parrocchie S. Maria delle Grazie, San Lazzaro, San Giovanni Battista, Sant’Antonio di Padova e Sacro Cuore. Sparsi in città anche numerosi centri ascolto e punti di assistenza sanitaria, psicologica e legale. 

Don Attilio Mesagne, direttore della Caritas Diocesana di Lecce, chiarisce però alcuni punti: “La Caritas non è un albergo né un supermercato, ma un organismo pastorale che organizza sul territorio la testimonianza della carità di Dio, senza distinzione alcuna; tutte le famiglie e i fratelli disagiati, che siano italiani o stranieri, devo trovare accoglienza nella Caritas”. E la sezione leccese si sta già ulteriormente adoperando per affrontare l’emergenza dei senza tetto salentini e dei migranti presenti sul territorio: “Al momento stiamo preparando un elenco delle strutture disponibili; seguirà poi una fase di ricognizione con la quale valutare le possibilità di accoglienza; infine, ci rapporteremo con la Prefettura per stabilire i criteri attraverso i quali gestire tutti gli ospiti”. 

In questo delicata attività, però, la Caritas è di fatto sola: “Tutti i servizi li gestisce la Caritas, anche perché il Comune di Lecce non ha dormitori o altri servizi in questo senso. Ci arrangiamo quindi con l’8 per mille e con le offerte volontarie dei cittadini. Chi ci offre molta collaborazione è invece la Prefettura, che spesso ci chiede di ospitare per alcuni giorni i fratelli immigrati, in attesa di ricevere passaporto o permesso di soggiorno”. 

I centri della Caritas di Lecce offrono accoglienza notturna, colazione, pranzo, cena, docce, assistenza medica e legale, ma Don Attilio Mesagne sottolinea anche come gli ospiti vengano inseriti in “un percorso formativo in grado di trasformarli da oggetti a soggetti di educazione, lavorando non per il benessere, che crea vizi e dislivelli sociali, ma per il bene comune e la giustizia sociale, affinché tutti possano contare su un tetto e un letto”. 

 

Alessandro Chizzini