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Salento più caro con la tassa sui turisti. E gli operatori insorgono

Un’imposta di soggiorno per rilanciare le economie dei Comuni: la vogliono imporre Otranto, Salve ed Ugento, ma potrebbero non essere gli unici. E in molti la ritengono un grave danno all’immagine del territorio 
 
Da “contributo per la qualità dei servizi” a “balzello medievale”, da “scelta obbligata dai tagli statali” a “pazzia istituzionale”: la tassa di soggiorno, entrata di gran lena in territorio salentino, è come un’attrice che ha già interpretato mille ruoli, senza mai uscire di scena. E paradossalmente senza neanche entrarci, visto che chi la adotterà, lo potrà fare solo dal 1° luglio. E così dalle indiscrezioni sulla sua introduzione nel decreto sul federalismo municipale al calderone di polemiche piovute attorno all’imposta, che fa storcere il naso agli imprenditori turistici, si sta giocando una partita che non sembra far bene all’immagine del Salento, nello slogan sotteso delle “vacanze più care”. 
Tutto iniziò a Lecce, quando per primo l’assessore al bilancio Attilio Monosi, per far rifiatare i conti di Palazzo Carafa, pensò al balzello per i turisti, subito cassato, però, dagli operatori del settore. Dal capoluogo salentino, l’imposta ha trovato accoglienza nella città dei Martiri, ad Otranto, dove il sindaco Luciano Cariddi la propone per coprire l’esigenza delle casse comunali, ferite dal rincaro della gestione rifiuti: l’acceso confronto con le categorie turistiche non porta alla deposizione del balzello, ma al concepimento di una tourist card, ossia una tessera per i vacanzieri, con agevolazioni in dote su alcuni servizi. 
Sottobanco, invece, senza nemmeno il beneficio di un illusorio confronto la approva in Consiglio comunale l’Amministrazione di Salve, che facendo il verso a Speedy Gonzales, batte sul tempo Otranto. Andando giù per il tacco, si fanno due conti in tasca ed anche la nuova Amministrazione di Ugento inizia a pensarci: le casse dei comuni mancano di liquidità e persino l’ordinario sembra essere diventato qualcosa di straordinario (troppo straordinario). 
Ma bastano i problemi di quattrini a gravare nella stagione già in corso sulle tasche dei turisti, con un orientamento di un euro o due al giorno a persona? No, secondo Confcommercio, Federalberghi, Confesercenti, anche perché la tassa sarebbe improponibile in un’area come il Salento dove sono sotto gli occhi di tutti i limiti e le carenze dei servizi, con speciale riferimento ai trasporti pubblici. Un esempio su tutti? Dallo scalo all’aeroporto di Brindisi, per arrivare a Santa Maria di Leuca, utilizzando solo mezzi pubblici su gomma o rotaie (106 km totali) si possono persino impiegare 16 ore. Un viaggio in un altro continente, insomma. Un’odissea moderna senza ragion d’essere. A chiarire queste contraddizioni è una inchiesta condotta dalla Camera di Commercio di Lecce. In buona sostanza, servono i servizi. Punto. E il balzello non aiuta il territorio a promuoversi e rafforzare l’appeal, che può esercitare.
Gli operatori pressano le istituzioni fino all’ultimo minuto utile, perché contrariamente a quanto accade nel resto del paese, il Salento non applichi la tassa. Fiato sprecato evidentemente, col rischio che il “contagio” si allarghi ad altri Comuni, pronti ad introdurre l’imposta. “Welcome to Salento”. 
 
Mauro Bortone