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Quel che resta della “cyber bank” di Lecce

Chiude i battenti l’ex Banca 121, oggi di proprietà del gruppo senese Monte dei Paschi. Quasi la metà dei 250 dipendenti della sede leccese rischia il trasferimento al Nord

 

Con la chiusura della Centro Direzionale leccese di Mps (ex banca 121) finisce una storia, lunga mezzo secolo, che ha raccontato momenti di gloria e di disfatte per il Salento, conosciuto nel Paese grazie al suo un istituto bancario, che ne esibiva il nome con la bandiera alta. Non solo sulle magliette del Lecce. Negli anni Novanta, Banca del Salento è la più grande banca italiana controllata da persone fisiche (e non da istituzioni) e una delle prime a lanciare la gestione telematica dei servizi. “La cyberbanca nasce a Lecce -scriveva nel 1999 Donato Speroni in una pagina del “Corriere della Sera”- è un istituto del Sud, la Salento, il più moderno del settore. Gestioni, marketing, finanza e uomini al governo”. Di lì a poco la reputazione della banca sarebbe stata macchiata dallo scandalo dei prodotti finanziari viziati, su cui un’inchiesta della Magistratura arriverà a coinvolgere pezzi grossi della politica economica italiana.
La possibile chiusura di Mps provoca reazioni forti nel mondo della politica locale e persino litigi interni al Pd. Almeno un centinaio dei 250 dipendenti della sede di Lecce rischia il trasferimento al nord e le tensioni non tardano a crearsi. Ad accendere la miccia, nei giorni scorsi, è il consigliere regionale del Pdl Rocco Palese: “È uno scippo silenzioso che Monte dei Paschi di Siena sta perpetrando ai danni del Salento -afferma Palese-. Il presidente Vendola, a parole sempre tanto attento a evitare ‘fughe di risorse e di cervelli’, si adoperi in prima persona affinché Mps mantenga gli impegni assunti con il territorio salentino e pugliese”. Gli risponde il capogruppo regionale del Pd Antonio Maniglio che invoca l’indipendenza del mercato dalla politica provocando, in poche ore, una reazione a catena di controrepliche. Non dai suoi avversari in Consiglio però, ma dai vertici del proprio partito.
Il piano di ristrutturazione del gruppo Mps prevede l’assorbimento dei resti della Banca personale e il trasferimento fuori dalla Puglia di 100 dipendenti su 250. “È una normale riorganizzazione aziendale -valuta Maniglio-. Sono le leggi del mercato e la politica deve mantenersi a debita distanza”. E azzarda una pungente valutazione sul passato di questo Istituto di credito, fondato e presieduto da famiglie molto influenti nella società locale, dai Semeraro ai Montinari, dai Gorgoni ai De Bustis: “Quando gli azionisti salentini della Banca 121 cedettero il loro istituto -continua Maniglio- non lo fecero per beneficienza; realizzarono lauti e legittimi guadagni”. E aggiunge: “D’altronde, che ci fosse qualche tratto discutibile nella gestione della banca salentina e che fosse necessario affidarsi a una banca con ben altre tradizioni, mi pare una convinzione diffusa”.
Dal canto loro, i pezzi grossi del Pd si concentrano sulla questione “sindacale”. I segretari regionale e provinciale prendono le distanze da Maniglio. Sergio Blasi e Salvatore Capone lanciano un appello ai vertici di Mps per trovare una soluzione assieme ai sindacati e ribaltano la tesi del consigliere regionale: “è dovere della politica interessarsi della vicenda”. Si unisce al coro Antonio Rotundo. “La decisione di Mps completa lo smantellamento della vecchia Banca 121 e impoverisce il territorio”, dice il portavoce dei democratici nel consiglio comunale di Lecce, sposando di fatto la linea di Palese, e si rivolge pure al sindaco di Lecce per organizzare una mobilitazione “per difendere la città da un colpo mortale in un momento di grave crisi”. La questione sindacale procede per impedire “la deportazione delle cento famiglie verso sedi lontane”, i tavoli in Prefettura sono già calendarizzati per tutto il mese di novembre (18 e 30) e per i primi di dicembre. “Auspico -dichiara Blasi- che il Centro Direzionale di Lecce del Monte Dei Paschi possa essere riempito di strutture e attività primarie nell’ambito dello sviluppo del business della Banca, garantendo a questa terra la possibilità di restare nel mondo finanziario e bancario”.
Nel frattempo il virus della disoccupazione si diffonde nel territorio, lasciando a casa decine di migliaia di lavoratori. Le aziende tirano avanti a colpi di accordi istituzionali, in cerca dell’ennesimo soccorso finanziario. Che al Sud arriva sempre e solo dallo Stato.

Alberto Mello