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Parte dal Salento la nuova battaglia contro il colosso dell’amianto

L’obiettivo? Far sì che, dopo le sentenze di Casale Monferrato, siano pienamente riconosciuti i diritti degli emigranti italiani che si sono inconsapevolmente esposti alle polveri nocive 
 
La prima volta che parlammo di questa storia era il marzo 2011, quando raccogliemmo le testimonianze di due ex operai, Costantino Minonne e Mario Ricchiuto, originari rispettivamente di Andrano e Tiggiano, che avevano lavorato per anni nelle fabbriche Eternit di Glarona e Niederunen (Svizzera). Abbiamo così raccontato le vicende di due persone in lotta quotidiana con un male subdolo e al tempo stesso incurabile: il mesotelioma pleurico, una particolare forma di tumore ai polmoni che colpisce chi ha inalato, per periodi di tempo più o meno lunghi, polveri di amianto e che ha la caratteristica di manifestarsi (spesso quando ormai è troppo tardi) a distanza di 20, 30 o anche 40 anni di distanza dall’esposizione alle stesse. 
Abbiamo anche scoperto che nelle loro condizioni ci sono altr salentini (quelli censiti finora sono circa un migliaio) che negli anni ’60 e ’70 hanno lavorato all’interno degli stabilimenti in Svizzera e che si sono inconsapevolmente esposti alle polveri nocive, senza nessun tipo di precauzione o misura di sicurezza, sebbene la pericolosità di quel materiale fosse ben nota già dal 1962. 
Al grave danno per la salute di queste vittime inconsapevoli si aggiungeva la beffa dei risarcimenti: in pratica, dopo una lunga ed estenuante trafila burocratica, è possibile ad oggi avere dalla Suva -l’equivalente dell’Inail italiano- al massimo il solo rimborso delle cure mediche per chi è sofferente, mentre il risarcimento vero e proprio viene riconosciuto (eventualmente) purtroppo dopo il decesso. 
Il 13 febbraio 2012 arriva una sentenza epocale: il Tribunale di Torino condanna in primo grado a 16 anni di carcere il miliardario svizzero Stephan Schmidheiny, proprietario della Eternit, a seguito della causa intentata dall’Associazione di familiari delle vittime dell’Eternit di Casale Monferrato (Alessandria). La pena, inoltre, è stata aumentata a 18 anni nella sentenza di appello del 3 giugno scorso. 
Una duplice vittoria che porta la firma del procuratore aggiunto di Torino Raffaele Guariniello, l’instancabile magistrato che da anni, insieme alle vittime e ai loro familiari, combatte in prima linea questa battaglia contro la multinazionale dell’amianto. E che adesso ha deciso di spostare il fronte dall’Italia alla Svizzera, perché vengano ora riconosciuti i diritti degli emigranti italiani che hanno lavorato nelle fabbriche svizzere dell’Eternit. 
Per questo motivo Guariniello venerdì 12 luglio sarà a Corsano in piazza San Giuseppe, alle 21, per incontrare gli ex operai, i loro parenti, le autorità locali e soprattutto coloro che in questi ultimi anni hanno lavorato incessantemente perché questa triste vicenda fosse di dominio pubblico e potessero essere presi i dovuti provvedimenti, come Wilson Castellano, pneumologo presso l’ospedale di Gagliano del Capo (che ha analizzato personalmente circa mille cartelle cliniche di ex operai e loro familiari), Biagio Mastria, referente dell’associazione “Emigranti nel Mondo”, e Leonardo Martella, presidente dell’Associazione Familiari Vittime Esposti Amianto in Svizzera con sede proprio a Corsano. 
 
“Una class action contro la Eternit? Sarà dura, ma ci proveremo”
 
Promette battaglia Leonardo Martella, presidente dell’Associazione nata a Corsano nel febbraio 2012, che rappresenta i familiari e tutti coloro che in questi anni sono deceduti o hanno iniziato a soffrire a causa delle polveri d’amianto. Ed è convinto che, grazie all’interessamento di Guariniello, questa sia un’occasione d’oro per poter cercare, attraverso una vera e propria class action, di sfondare il “muro di gomma” che si è rivelata essere la burocrazia e la sua Suva (l’omologo dell’Inail italiano) nei riguardi dei nostri connazionali che rivendicavano i propri diritti. 
Martella, Guariniello già in passato intendeva agire contro la Eternit per i lavoratori emigrati in Svizzera? 
Già nel 2006 il sostituto procuratore di Torino aveva provato ad avviare un procedimento per i lavoratori italiani che avevano prestato servizio in Svizzera, solo che allora non era disponibile una documentazione medica completa e la Suva bloccò il tutto. 
Così Guariniello si concentrò su Casale Monferrato in Italia, dove è riuscito ad avere successo. 
Esatto. Ora la sua (e la nostra) intenzione è istituire un nuovo procedimento a carico dell’Eternit per omicidio doloso, che riguardi stavolta gli emigranti italiani -non solo salentini- che hanno lavorato nelle loro fabbriche in Svizzera. 
Quanti sono gli ex operai che siete riusciti a censire in questi anni?
Ad oggi abbiamo verificato circa un migliaio di persone prevalentemente del basso Salento, la cui età media è di 70/80 anni. Di queste circa 220 sono purtroppo defunti e per questi ci stiamo attivando con i familiari per le richieste di risarcimento alla Svizzera (i tempi di attesa sono mediamente di otto mesi, per questo tipo di pratica). 
È stata raccolta la documentazione medica relativa ai deceduti e ai sofferenti di mesotelioma pleurico? 
Grazie poi al lavoro del dottor Castellano è stato possibile esaminare minuziosamente centinaia e centinaia di cartelle cliniche, verificando di volta in volta il nesso di causa-effetto dei decessi o dell’insorgere delle patologie tumorali e attuando presso l’ospedale di Gagliano del Capo dei cicli di visite di controllo per gli interessati.