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Ordine di fuga

Nell’ultimo anno l’Albo degli Avvocati della provincia di Lecce ha perso 165 iscritti (sono 8mila quelli che si sono cancellati in Italia). Crisi economica, obbligatorietà della Cassa Forense e ritardi nei pagamenti, ma anche chiusura delle sedi periferiche dei tribunali e conseguente accentramento delle udienze nel capoluogo, oltre all’introduzione di riforme da molti giudicate negativamente, sono le cause di un declino di una professione un tempo molto ambita ma che oggi non offre più le stesse garanzie di successo 

 

8mila avvocati in meno rispetto al 2014 in Italia. Una cifra che potrebbe ulteriormente salire nel 2016. Colpa dei costi aumentati dopo che l’iscrizione all’Albo è divenuta obbligatoria a partire da gennaio 2014. Per molti il sogno di una vita lavorativa nell’ambito legale rischia di restare chiuso in un cassetto, per sempre. Una crisi tutta italiana dentro la crisi, più complessa, che sta investendo il mondo dal 2008. E riguarda, in generale, l’intera categoria delle libere professioni, di coloro che magari hanno studiato per anni, con tanto di sacrifici personali e delle rispettive famiglie, per cercare di assicurarsi una posizione lavorativa più vantaggiosa. 

Una serie di lavori che dagli anni ‘60 fino agli anni ‘90 costituiva motivo quasi certo di ascesa sociale e di benessere economico e che oggi, invece, fatica ad andare avanti. Le cose non migliorano per commercialisti, architetti ed ingegneri vessati, da un lato, da una tassazione troppo alta, specie per i giovani laureati, e dall’altro lato da ritardi cronici nei pagamenti da parte dei clienti, siano essi pubblici o privati, che sfiora e in alcuni casi superano l’anno.

Con queste premesse andare avanti è difficile e in molti casi quasi impossibile. Non inganni nemmeno il numero abnorme, secondo in Europa soltanto alla Spagna, di avvocati che esercitano la professione in Italia: sono 240 mila circa, 269 ogni 100mila abitanti (277 in Spagna) contro i 181 della Germania e i “soli” 81 della Francia. Ed è ormai inutile, come si paventa da anni, l’introduzione del numero chiuso per accedere alle Facoltà di Giurisprudenza, così come avviene ad esempio per Medicina.

Il calo è endemico, sono sempre meno i giovani che si iscrivono a un corso di laurea in Giurisprudenza. “Dai dati in nostro possesso risulta che gli iscritti alle Facoltà di Giurisprudenza sono sempre meno. Era necessario agire prima in quel senso, ha dichiarato all’Agi Nunzio Luciano, presidente della Cassa Forense. I segnali erano chiari già da alcuni anni: secondo una ricerca de “Il Messaggero” nel 2012 ben 20mila avvocati hanno fatturato zero, risultando del tutto improduttivi. E l’obbligo dell’iscrizione alla Cassa di previdenza, varata dal governo Monti a fine 2014, ha dato un’ulteriore mazzata. Fino a quella data l’iscritto all’Ordine che non riusciva a registrare un reddito di 10.300 euro annui era esentato dalla contribuzione alla Cassa Forense ed era invece tenuto a effettuare dei versamenti a una gestione separata dell’Inps. Un obbligo, a onor del vero, non sempre osservato, che in qualche modo forniva un sostegno implicito ed ufficioso ai giovani che iniziavano la professione, i quali oggi sembrano sempre più abbandonati a se stessi. 

 

Tanto lavoro e poco guadagno: la dura legge del mercato 

 

Imbrigliata tra obblighi e burocrazia, la professione legale sembra avere meno appeal di un tempo. Almeno così si potrebbe pensare leggendo, di primo acchito, il dato degli 8mila, unità più, unità meno, che nel 2015 hanno deciso di cancellarsi dall’Ordine degli Avvocati in Italia. In questa cifra bisogna tener conto di coloro che hanno abbandonato perché hanno avuto un altro impiego, magari nella pubblica amministrazione, o perché vedevano il mestiere come un hobby o perché non esercitavano proprio. Fatto sta che il numero resta ingente e le motivazioni sono molteplici. Prima su tutte l’obbligatorietà dell’iscrizione alla Cassa Forense, un costo fisso annuo che pesa, e non poco, sulle spalle sia di chi comincia a prendere confidenza con il Foro, sia su chi è in pista da anni. Il tutto inserito in un contesto economico-finanziario decisamente critico da quasi un decennio a questa parte e che non ha tenuto fuori nessuno se non una piccola pletora di privilegiati. 

Accade, quindi, che allo stato odierno si comincino con più difficoltà le cause; il privato cittadino, che il più delle volte ha difficoltà di sopravvivenza, fatica a trovare la forza e le risorse per adire alle vie legali e quando questo è strettamente necessario i tempi per i pagamenti si dilatano all’infinito. E veniamo ad un’altra questione che accomuna, grosso modo, tutte le libere professioni. Quello appunto dei mancati pagamenti: basti pensare a quello che accade con architetti e ingegneri, o comunque con quanti lavorano nel settore edilizio. Sono 217 giorni i tempi medi di attesa per chi ha a che fare con la pubblica amministrazione, 172 con i clienti privati. Nel frattempo, i lavori vengono portati a termine, ma i professionisti non vengono pagati. 

Accade lo stesso per gli avvocati. Ragione per cui, da stime approssimative, sono oltre 80mila gli avvocati che hanno un reddito da fame, secondo le considerazioni fatte da Nunzio Luciano, presidente della Cassa Forense. Ad uscirne con le ossa rotta, spesso ancor prima di cominciare, i professionisti giovani e le donne, con quest’ultime che vengono pagate la metà dei colleghi maschi. Altra questione da sollevare è quella legata al numero esponenziale di ragazze e ragazzi che nel corso degli ultimi decenni hanno invaso le Facoltà di Giurisprudenza senza la benché minima “barriera” all’ingresso, come avviene per altre Facoltà. E così diventa sempre più difficile che un laureato riesca a farsi strada nella giungla della libera professione. 

 

Alessio Quarta