Rischi elevati per l’ambiente, scarsa qualità del greggio e basse ricadute occupazionali: queste le ragioni che sostiene il Movimento che fin dall’inizio si è opposto alle ricerche di petrolio
L’impatto ambientale è sicuramente l’aspetto principale per contestare la concessione alla Global Med per cercare petrolio al largo del Capo di Leuca. A questo, però, si aggiungono anche altre ragioni di carattere economico, occupazionale e politico. A spiegare questi diversi punti di vista è l’ingegnere Francesco Zecca, responsabile del Movimento No Triv Regione Salento.
Ingegnere Zecca, quali effetti posso avere le trivellazioni in mare?
Innanzitutto occorre considerare che il Mediterraneo è un mare chiuso e con un circuito di acqua lento. Ciò significa che in caso di una malaugurata ingente fuoriuscita di petrolio, il tempo per ripulire il mare dalla perdita non sarebbe sufficiente per evitare conseguenze nefaste. Si consideri inoltre che le piattaforme di trivellazione verranno abbandonate dopo l’esaurimento del petrolio e il fenomeno della subsidenza, cioè l’abbassamento del fondale marino, con conseguente erosione della costa già in atto; con le trivellazioni questo processo verrebbe velocizzato pericolosamente.
Quello che preoccupa è anche l’air gun.
Quello è un metodo di ricerca invasivo, che emette vibrazioni e onde che impattano sul fondale e che servono a determinare la presenza del petrolio. È stato però dimostrato come queste stesse onde, che possono anche essere sonore, possano rivelarsi pericolose per la fauna marina.
Dal punto di vista economico potrebbero però esserci delle ricadute positive?
Lo escludo. Se davvero esistessero dei giacimenti sotto il nostro fondale, si tratterebbe di petrolio amaro, cioè di scarsa qualità, e di quantità limitata rispetto al fabbisogno energetico e all’eventuale esportazione, senza considerare poi che le royalty che si pagano in Italia sono tra le più basse in assoluto. Improbabile, poi, un aumento dell’occupazione. Le società petrolifere sono di piccolo cabotaggio e con queste attività mostrano al mercato che si stanno espandendo in altre zone, in questo caso il Mediterraneo, allo scopo di rilanciarsi a livello azionario.
Cosa ha spinto il Governo a concedere la VIA (Valutazione di Impatto Ambientale)?
Apparentemente queste società petrolifere sarebbero in possesso di tecnologie innovative in grado di diminuire il rischio di incidenti. Noi invece riteniamo, anche sulla base delle statistiche, che queste tecnologie non sono perfette e che anche un piccolo cedimento dei canali innestati nel sottosuolo potrebbe avere effetti gravissimi, come anche tutte le attività collegate alla lavorazione in raffineria. Non è stato applicato il principio della precauzione, secondo il quale devono sempre prevalere la salute pubblica e gli interessi di un territorio.
Quali saranno le prossime iniziative a contrasto delle ricerche di petrolio?
Siamo in contatto con i Comitati della Basilicata -tra cui il Mediterraneo No Triv- che conoscono benissimo l’argomento, ma collaboriamo anche con l’Università della Basilicata e con la professoressa Albina Colella, che ci aiuterà a presentare ricorso al Tar del Lazio per opporci, almeno dal punto di vista legale, a queste ricerche che comprenderanno un’area di circa 800 km2, da Gallipoli a Leuca e anche oltre. Un vero e proprio abuso del territorio.
Pescatori nella rete
Una vita intera dedicata alla pesca e il timore che le future ricerche di petrolio sul fondale marino possano compromettere la sopravvivenza di un intero settore. Questo è il pensiero di Rocco Cazzato, esperto pescatore di Tricase e attivo nel settore anche con una cooperativa, creata insieme a sua moglie e ai suoi tre figli, con la quale realizzato un apprezzato ittiturismo, all’interno del quale propone alla clientela pietanze a base di pesce che lui stesso recupera nelle acque salentine insieme ai suoi figli.
Il suo bacino di attività si estende da Leuca a Otranto, ma la quasi totalità delle sue uscite di pesca si concentrano nell’area tra Castro e Novaglie; una zona distante dal punto dove la Global Med effettuerà le proprie prospezioni con l’air gun, ma i rischi, come hanno spiegato anche numerosi esperti come il professor Ferdinando Boero dell’università del Salento, non possono essere sottovalutati, considerando anche le numerose istanze presentante dalle compagnie petrolifere, che riguardano tutta l’area marina pugliese.
Il pensiero di Rocco è piuttosto cauto, ma non privo di timori: “Io non sono un tecnico, ma da pescatore e ristoratore non posso non pensare a quali potrebbero essere le conseguenze se malauguratamente dovesse verificarsi un qualche incidente. Le piattaforme collocate al largo del mare di per sé potrebbero non dare nessun fastidio, e secondo alcuni esperti potrebbero rivelarsi pericolose solo per i cetacei e non per i pesci più piccoli; cosa succederebbe, però, se un uno dei tubi utilizzati per estrarre il petrolio dovesse danneggiarsi e quindi procurare una fuoriuscita del greggio? Il rischio purtroppo c’è”.
Il pescatore tricasino è però consapevole che per contrastare l’avvio e lo sviluppo di queste attività è necessario fare fronte comune, ma in questo senso Cazzato non dimostra molto ottimismo, sollevando anche un particolare problema riguardo la pesca che si pratica nella sua città: “Noi pescatori dovremmo essere tutti uniti, dovremmo muoverci come fanno i nostri colleghi del Capo di Leuca. A Tricase, invece, questa ipotesi è quasi da escludere; siamo infatti rimasti in pochi a praticare la nostra attività in maniera legale, mentre purtroppo aumentano sempre di più coloro che esercitano la pesca in maniera abusiva, un fenomeno in costante crescita e con il quale siamo costretti a combattere costantemente”.
Alessandro Chizzini