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Nichilismo pratico

Quante volte avete sentito frasi del tipo: “Io sono me stesso” oppure “Voglio che la gente mi apprezzi per quello che sono”. Queste esclamazioni, apparentemente innocue e banali, rappresentano in realtà la nuova (preoccupante) deriva della società italiana verso una società dell’ego. Una recente indagine del Censis ha evidenziato il nuovo culto della personalità (buona o cattiva non importa) che pervade gli italiani. Ognuno è pronto a mettere in mostra e difendere il proprio “io”. Le conseguenze (forse sarebbe meglio definirle degenerazioni) di ciò sono numerose, ma è possibile sintetizzarle in due macrocategorie.
Innanzitutto la spettacolarizzazione del sé. I reality e le trasmissioni televisive brulicano di pseudo personaggi che hanno fatto del proprio “io” la base del successo. Non importa che questo io sia riassumibile in una sesta di reggiseno o nell’ignoranza portata al limite dell’incredibile: tutto fa brodo, nel ribollente calderone mediatico. Sono questi i nuovi modelli delle giovani generazioni. Le migliaia di ragazzi che partecipano ai casting degli ormai innumerevoli reality show sono la nuova e numericamente imponente espressione di una società che vede nella mediocrità mediaticamente elaborata lo strumento per emergere, affermarsi e diventare un modello indipendentemente dai contenuti espressi. Persino il presidente Berlusconi, di fronte allo scandalo delle escort, si è giustificato dicendo: “Agli italiani piaccio così!”, come a dire “perché tirate in ballo la morale? L’importante è avere il consenso”.
La seconda macroteoria è, se vogliamo, ancor più preoccupante, soprattutto per i pericolosi riscontri politico sociali che ad essa si legano. Come evidenziato in un articolo de “Il Venerdì” de “La Repubblica”, dietro alla moderna xenofobia, dietro alla tolleranza verso comportamenti moralmente deprecabili (nepotismo, arrivismo, corruzione, uso di droghe, etc) c’è un Paese “indulgente con se stesso, che si adatta, galleggia, che non vede chi è più rigoroso e non s’accorge che i nuovi arrivati, con cui è solitamente poco accogliente, sono spesso persone più morali di noi” (A. Ferrigolo, Generazione Io, in “Il Venerdì di Repubblica”,  24-07-2009, p. 20). Un ego smisurato sembra vitalizzare soprattutto le nuove generazioni: un ego che spinge a rifiutare chiunque possa sminuirlo. L’uomo è sempre più apparenza e sempre meno sostanza: il cartesiano Cogito ergo sum (Penso dunque esisto) è andato a farsi benedire, sostituito da un molto più allettante: Appareo, ergo sum (“Appaio, dunque esisto”).

 

Alessio Palumbo