Cerca

L’origine del presepe ed i suoi significati

La principale caratterizzazione dell’identità di un popolo si trova nel suo modo di rapportarsi al Sacro e, per quanto riguarda la nostra civiltà greco-romana-cristiana il secondo momento liturgicamente più rilevante è l’Incarnazione del Verbo Divino, il Logos che diventa Carne, l’Assoluto che si fa relativo, piccolo, l’Infinito che entra nel tempo, come una sorgente di acqua viva che rompe la roccia. Termini del Natale, festa di derivazione ancestrale, sentita sin dai primitivi, ma che ha assunto un significato nuovo ma contemporaneamente eterno con la sovrapposizione della festa pagana del Natalis Solis Invicti, con la nascita di Mitra ed Horus, e la nascita della Seconda Persona della Trinità, Gesù Cristo. Un Mistero assoluto ed unico quello di un Padre, Dio, che è contemporaneamente Sposo per opera dello Spirito Santo e Figlio e questo meraviglioso Mistero della Fede ha un comune denominatore in Maria, Madre celeste e terrena, il regalo più bello che l’umanità abbia potuto fare a Dio.
Ed un fatto altrettanto unico nella storia delle religioni è quello che solo i cristiani, ed in particolare i cattolici, rappresentano questo momento così importante per la propria Fede, e lo fanno attraverso il presepe. Un precedente del presepe deve tuttavia individuarsi nella festa romana delle Sigilliaria, che ricorreva ogni 20 dicembre ed introdotta nelle Saturnalia dall’imperatore Caligola, e durante la quale venivano venerati i lares ed i penates, le cui statuine venivano dai bambini della famiglia lucidate e poste in una rappresentazione bucolica, e, dopo aver posto sotto la scena pane, vino e cibo in ciotole per i defunti, ritrovavano il giorno seguente doni e dolci, in attesa della grande festività romana del solstizio d’inverno, il Natalis Solis invicti. Ed è altrettanto curiosa la circostanza che presso i Saepta Iulia sul Campo Marzio si allestissero delle bancarelle provvisorie dove si vendevano le statuette dei lares, che richiamano gli attuali mercatini natalizi di Piazza Navona a Roma.

Da San Francesco ad Arnolfo da Cambio
Il primo presepe cristiano della storia, come ci testimoniano Tommaso da Celano e San Bonaventura fu quello che San Francesco d’Assisi, il fondatore dell’ordine Francescano, realizzò nel Feudo di Giovanni Velìta nel 1223, a Greccio, e non fu (come erroneamente si ritiene) un trionfo dell’essenzialità. Venne infatti coinvolta tutta la cittadinanza per riprodurre nel cuore dell’Italia Centrale non tanto Betlemme del 1° secolo, quanto quell’atmosfera mistica unica costituita dalla Nascita di Nostro Signore, che si ripete ogni anno e si rinnova nella Storia come Memoria della nascita di un uomo che ha segnato il tempo e la storia (non a caso il computo del tempo avviene in base alla Nascita di Cristo e nemmeno le leggi più aspramente laiciste sono riuscite a modificare questo dato).
Con Greccio San Francesco non solo inaugurò il rito del Presepe ma diede inizio ad un fenomeno che avrà particolare fortuna nel Medioevo, quello della rappresentazione sacra, il cui culmine si avrà nel XV secolo con il teatro della Passione. San Francesco coinvolse tutto il popolo di Greccio, nobili, soldati, contadini, pastori e tutti i suoi frati per realizzare il primo Presepe vivente, il cui scopo era quello di rendere tutto il popolo compartecipe della presenza di Dio sulla Terra, presenza la cui memoria si rinnova ogni anno e che interroga l’uomo sul significato profondo della sua esistenza. Passeranno pochi anni dal Natale del 1223, ed il primo pontefice francescano, papa Niccolò IV, commissionò al più celebrato artista e scultore fiorentino, Arnolfo di Cambio, la realizzazione di un gruppo scultoreo che eternasse il momento stesso della Nascita di Gesù, non tanto per monumentalizzarlo, quanto per perpetuare, secondo gli insegnamenti di San Francesco di Assisi, quel culto della Natività che costituisce uno dei termini più alti e più belli della Fede cattolica. L’opera fu realizzata in due anni e conclusa nel 1292, allorquando venne collocata in Santa Maria Maggiore, dove era conservata la reliquia della Mangiatoia nella quale sarebbe nato Gesù.
Da allora la Tradizione del presepe assunse una centralità significativa nell’ambito delle celebrazioni del Natale, e, soprattutto in seguito al Concilio di Trento, l’usanza di riprodurre la scena della natività in cappelle private, iniziò a diffondersi tra le famiglie nobili cattoliche prima e poi, nel corso degli anni, in tutti i ceti popolari. Dal XVII secolo iniziò pertanto quella particolare forma d’arte riconosciuta come arte presepiale, che ebbe il suo culmine nella Napoli borbonica, nella quale gli artisti partenopei riproducevano con minuzia maniacale spaccati di vita rurale e cittadina del XVIII secolo, servendosi di sughero, legno e rami secchi per realizzare gli splendidi paesaggi, e di statuine in terracotta e stoffa per riprodurre i personaggi del Presepe.

Presepe e simboli
La Tradizione arricchirà sempre di più il numero dei personaggi, aggiungendo alla classica rappresentazione della natività, anche le scene dell’annuncio degli angeli ai pastori, il corteo dei tre Re Magi, che rappresentano l’omaggio delle tre tradizioni esoteriche (quella caldeo-persiana, quella indiana e quella etiope) a Cristo, gli zampognari, e varie altre figure che celano significati nascosti.
La fonte, o il ruscello, rappresenta infatti l’acqua viva, che disseterà chiunque ne beva, e quindi Cristo stesso, il fuoco rappresenta la fiamma della fede che riscalda i pastori nel freddo del mondo che prima non aveva conosciuto Cristo, presso il quale si riscalda anche Zu Innaru, personaggio siciliano che rappresenta i rigori dell’inverno, e poi il napoletano Benino, il pastorello dormiente, che rappresenta l’umanità che non si è ancora resa conto della presenza di Cristo, “u’ sbandatu da stidda”, ossia il pastorello che nella tradizione siciliano guarda in lontananza la stella cometa, i soldati romani ed Erode, che rappresentano il potere politico distaccato dallo Spirito, ed infine la taverna, nella quale l’opulenza delle vivande volutamente ostentata altro non sarebbe se non la rappresentazione delle tentazioni infernali e Ciccibacco, il carrettiere che porta le botti di vino rappresenta il demonio.

Il presepe in Italia e nel Salento
In Italia le forme artistiche di realizzazione del presepe cambiano non solo da regione a regione, ma anche da provincia a provincia. Oltre al più celebrato presepe napoletano, il cui primato in bellezza e cura barocca dei particolari è indiscussa, vi è anche quello bolognese caratterizzato da figurini scolpiti o modellati per intero, quello genovese, con le statuine in ceramica, quello altoatesino, con le statuine scolpite in legno, quello siciliano, con statuine in ceramica e stoffa e quello leccese, nel quale alla tradizionale terracotta, iniziata all’inizio dell’ottocento da un certo Mesciu Chiccu Pierdifumu, aiutato dalla moglie Assunta Rizzo, si affianca la tecnica della cartapesta, iniziata a fine settecento da Pietro Surgente di Lizzanello.
Il presepe in cartapesta ebbe una storia travagliata nel Salento, tra la disputa tra cartapestai e presepisti barbieri che infiammò l’ottocento e la vera e propria messa al bando della cartapesta, posta da monsignor Cuccarollo all’inizio del Novecento, che portò a ritenere l’arte presepistica in cartapesta addirittura sacrilega, con relativa sostituzione dei pupi in cartapesta con quelli in legno e terracotta, nella realizzazione dei quelli si distinsero artisti come Emanuele Buscicchio, che nelle loro realizzazioni seppero unire la singolarità dei figurini ad un sublime realismo delle espressioni.

 

Vincenzo Scarpello