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L’opinione degli avvocati

“La giustizia funziona male? La responsabilità è da attribuire agli operatori della giustizia e primi tra tutti agli avvocati”
 
Da una parte i politici, dall’altra i magistrati e il personale degli uffici. Eppure, non sono gli unici elementi del sistema giudiziario. Componente altrettanto essenziale della complessa macchina della giustizia è l’attività forense. Giuseppe Rizzo (nella foto), esperto di Diritto amministrativo e di Informatica giuridica ed amministrativa, accreditato presso enti e società di primaria importanza come l’Istituto Bancario San Paolo di Torino, Regione Puglia e Asl Lecce, sanziona senza se e senza ma la categoria alla quale egli stesso appartiene.
Chi sono i responsabili del mal funzionamento della giustizia?
È da attribuire agli operatori della giustizia e primi tra tutti agli avvocati. Per risolvere il problema giustizia bisogna affrontare tre punti: le modalità dell’esercizio della professione forense, i limiti della Magistratura (pur salvaguardando la sua autonomia) e il funzionamento degli uffici giudiziari.
I processi durano a lungo e la richiesta di giustizia pare essere cosa vana. A suo parere quali potrebbero essere i rimedi? 
L’esempio da seguire è quello dei tribunali amministrativi che funzionano perché gli avvocati amministrativisti sono pochi. Bisogna prevedere un limite d’accesso alla professione: verrebbe meno l’attività professionale di gente scarsamente preparata (in alcuni casi assolutamente impreparata) e verrebbe meno il comportamento processuale scorretto che in alcuni casi siamo costretti a subire. 
Può riferire alcuni di questi comportamenti scorretti?
Accade di non poter siglare accordi verbali transattivi perché dinanzi al giudice il collega nega che ci sia stato un accordo. Problemi che non si incontrano al Tar, dove per esercitare devi aver fatto una gavetta che non può essere inferiore ai dieci anni. La maggior parte di noi avvocati amministrativisti leccesi ha fatto pratica in grossi studi specializzati in diritto amministrativo. Lì abbiamo imparato la prassi dell’aggiornamento costante, l’etica connessa al buon rapporto tra i colleghi e con il giudice. 
Quindi il problema sono i neo laureati?
Nel mio studio nel corso di un anno ho avuto dieci praticanti. Di questi solo quattro sono riusciti a superare l’esame di Stato e solo due hanno gli strumenti per esercitare in qualche modo la professione, ma sono alla ricerca del posto fisso. La stragrande maggioranza dei laureati in giurisprudenza si avvia alla professione in attesa di far qualcos’altro. 
Uno strumento di selezione dovrebbe essere l’esame di Stato.
L’esame, per quello che riferiscono i giovani procuratori, è qualcosa di abominevole. Riferiscono che sia assolutamente facile il contatto con l’esterno. Grazie ai palmari ricevono i compiti già svolti. Ne deduco che, laddove accade, debba esserci qualche studio professionale che fornisce questo materiale. E non basta: questa grossa schiera di avvocati deve procurarsi lavoro, da questa esigenza nascono le cause temerarie. Anche l’Ordine degli Avvocati a Lecce è nella bufera. È in atto una spaccatura in Consiglio e i giovani avvocati chiedono a gran voce di essere la bandiera del nuovo. Siamo alla negazione del sapere e dell’esperienza, i mali della contemporaneità.