Ai domiciliari anche altri quattro professionisti in una inchiesta che ha fatto emergere anche presunti abusi nella gestione dei fallimenti
Sono cinque le ordinanze di custodia cautelare eseguite questa mattina dalla Guardia di Finanza di Lecce su disposizione della Procura della Repubblica di Potenza. Ad essere posti agli arresti domiciliari sono stati il magistrato Pietro Errede, in servizio recentemente presso il Tribunale di Lecce (sezione Fallimentari/Esecuzioni Immobiliari) e ora a Bologna, i commercialisti Massimo Bellantone, Alberto Russi, Marcello Paglialunga e l’avvocato Emanuele Liaci. Le accuse riguardano i reati di tentata concussione, tentata estorsione, estorsione consumata e corruzione in atti giudiziari.
Le indagini sono partite nel settembre del 2021 in seguito ad una denuncia anonima e hanno portato alla creazione di un quadro indiziario che dimostrerebbe un uso strumentale dell’attività giudiziaria a scopi personali (vacanze, preziosi, device, feste) da parte di Errede (già indagato per corruzione e turbativa d’asta), come degli altri quattro professionisti coinvolti, i quali beneficiavano degli incarichi assegnati loro dal magistrato e che per questo ricambiavano.
Tra gli aspetti gravi emersi dall’inchiesta, anche l’atteggiamento illecito di due degli arrestati (Bellantone e Russi), all’insaputa di Errede, volto a costringere dei soggetti privati le cui aziende erano in amministrazione giudiziaria a versare loro una somma di 20mila euro per un rolex, in realtà già pagato da Errede; somma che, però, non è mai stata corrisposta dai due al magistrato.
Come spiega il procuratore distrettuale Francesco Curcio, “le dinamiche hanno disvelato non solo un abuso delle pubbliche funzioni da parte del dott. Errede, non solo l’approfittamento della condizione di vulnerabilità sei soggetti sottoposti ad amministrazione giudiziaria, ma anche un meccanismo di reciproco scambio, fondato, da una parte, sull’assegnazione degli incarichi maggiormente remunerativi da parte del giudice a vari professionisti e, dall’altra, sull’ottenimento da parte del giudice di regalie e altre utilità”.
In considerazione della situazione emersa, il Gip ha adottato “provvedimenti di sequestro preventivo nella forma diretta o per equivalente nei confronti dei medesimi indagati, pari al prezzo del reato ovvero al profitto illecito conseguito”.
Infine, su altri episodi di corruzione il Gip non ha condiviso l’impostazione accusatoria della Procura, la quale ha deciso di ricorrere al tribunale del riesame di Potenza.