Cerca

Le scoperte di Santa Cesarea del 1970

L’attività di ricerca del gruppo speleologico salentino non si è solo limitata nei primi anni alla sola scoperta della grotta dei cervi di Porto Badisco. Di certo quella della grotta dei Cervi è stata la più importante scoperta archeologica preistorica compiuta in Puglia negli ultimi 150 anni.
Ma oltre la civilizzazione paleolitica del Salento, come si è visto, non si è limitata alla sola grotta dei Cervi, estendendosi dapprima a tutta la costa adriatica, per poi penetrare nell’entroterra. Della fase costiera, se così si può definire, di questa primissima civilizzazione si trova conferma e riscontro nella scoperta dell’inghiottitoio in agro Longa, a Santa Cesarea Terme. Le circostanze dell’altrettanto importante scoperta archeologica furono del tutto fortuite.
Il 13 aprile 1970, il monsignor Osvaldo Licci, allora rettore dell’Oasi “B. M. Idruntini” di Santa Cesarea si trovava nelle campagne che costeggiano la strada provinciale Santa Cesarea-Cerfignano. Attratto da alcuni cocci che affioravano tra le rocce, scoprì con sorpresa la presenza di materiale osteologico primitivo, segnalando al gruppo speleologico salentino, nelle persone di Bruno Di Giovanni e Salvatore Prosperi, tale singolare scoperta. Immediatamente il gruppo effettuò un sopralluogo, riscontrando quanto effettivamente ritrovato dal monsignor Licci. L’intera zona, caratterizzata da inghiottitoi naturali imbutiformi fu battuta approfonditamente e furono ritrovati in un campo pezzi di ocra gialla e rossa. Approfondendo lo scavo, venne ritrovato un cunicolo di circa 10 metri che immetteva in una sala, all’interno della quale furono ritrovati, oltre a numerosi reperti, anche dei dipinti simili a quelli di Porto Badisco, in particolare una croce solare ed emicicli tipicamente neolitici.
L’esplorazione continuò con il contributo di Enrico Schlechtleitner e Nunzio Pacella, ma non si poté proseguire nell’esplorazione dal momento che i crolli avevano reso impossibile concludere l’esplorazione di quello straordinario tesoro archeologico nascosto.

 

Vincenzo Scarpello