Ad inizio novembre la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (nella foto) aveva sentenziato che le “presenza dei crocifissi nelle aule scolastiche è una violazione della libertà dei genitori ad educare i figli secondo le loro convinzioni e della libertà di religione degli alunni”. Una sentenza, a conclusione di un iter giuridico avviato dopo l’istanza presentata da una cittadina italiana originaria della Finlandia e socia dell’Unione atei e agnostici razionalisti, che il Vaticano non ha esitato a definire “miope e sbagliata” e che aveva procurato la reazione del mondo cattolico europeo, italiano e spagnolo in particolare. Nella sostanza, con la loro sentenza, i sette componenti della corte aveva sottolineato che la presenza dei crocifisso nelle aule può essere interpretata come un “evidente segno religioso” in grado di essere condizionante sulle scelte e sui comportamenti. Un condizionamento che da “incoraggiante” per i bambini già educati alla regione cattolica, può invece diventare “di disturbo” per quelli atei o che professano altre religioni. Il Governo italiano ha presentato ricorso a tale sentenza. Se l’appello sarà accolto verrà ridiscussa dalla Grande Camera, in caso contrario la sentenza diventerà definitiva fra tre mesi.
Daniele Greco