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La paura fa 90 (anni)

Il Decreto legge per lo Sviluppo, che prevede la possibilità per i titolari dei lidi di poter avere gli stessi in concessione per novant’anni (contro i sei previsti nella normativa attuale), ha allarmato gli ambientalisti che denunciano il pericolo di speculazioni e i rischi per il territorio. Questo proprio nel momento in cui al Salento sono state attribuite tre Bandiere Blu, nello specifico a Melendugno, Salve ed Otranto. 
Mentre Assobalneari plaude alla scelta del Governo, tesa a rilanciare il settore turistico, rimangono ancora dubbi per l’assenza nel provvedimento di soluzioni contro l’erosione e la sporcizia dei nostri litorali 
 
Spiagge ai privati per un secolo: l’ombra lunga delle concessioni per 90 anni si estende sui litorali del Salento, grazie al Decreto legge per lo Sviluppo del Governo italiano, che mette in campo una ricetta piuttosto indigesta ad ambientalisti (e non solo), per rilanciare il settore balneare. In buona sostanza, i proprietari degli stabilimenti potranno esercitare un diritto di superficie per quasi un secolo sulle spiagge, oltrepassando il vecchio meccanismo delle concessioni da sei anni, con rinnovo automatico. Unico requisito richiesto? Essere in regola col fisco. Ma contro il dl si sono scagliati la Commissione europea prima, ritenendo già il precedente meccanismo di concessione fuori dalle regole del mercato unico continentale, gli ambientalisti, poi, preoccupati dal rischio di una “svendita” dei litorali, ed, infine, la conferenza delle Regioni, a cui appartengono governatori di vario colore politico, timorosi delle “speculazioni sugli arenili”. 
Il vero nocciolo della questione, però, sembra andare ben oltre il solo essere “pro” o “contro” il provvedimento (che resta ancora da analizzare nei dettagli), perché l’allarme che s’inneschi una corsa alla gestione selvaggia e alla speculazione resta tutto: se, infatti, le concessioni finora ridotte non avevano, comunque sia, scoraggiato privati a condizionare il territorio, modificandone spesso e imprudentemente i tratti ambientali (si pensi a quanto le cronache raccontano in merito ai disboscamenti, agli smacchiamenti e allo sbancamento delle dune), in molti si chiedono cosa possa accadere con un esercizio protratto per ben 90 anni. 
Non si fa ancora pienamente luce neanche sul tema della tutela delle spiagge pubbliche, letteralmente divorate dalle concessioni: crescono le lamentele per la riduzione costante delle aree destinate alla libera balneazione e, in tal senso, il provvedimento si pone come un segnale in tal senso sconfortante. L’altro elemento di sconcerto è che, per la prima volta, si apre al condono degli edifici abusivi su terreni demaniali, lasciando la possibilità di costruire su 300 metri dal mare, aggirando la Legge Galasso: detto, in parole povere, la paura delle colate di cemento e delle speculazioni trova fondamento. 
Il provvedimento non sembra convincere troppo neanche gli amministratori locali: il sindaco di Otranto Luciano Cariddi, ad esempio, ha aderito alla campagna di Legambiente, che ha richiesto ai comuni vincitori della Bandiera Blu e ai sindaci delle realtà marittime di contrastare il rischio svendita delle spiagge, favorito dal decreto, firmando uno specifico appello: “Con la cessione del diritto di superficie per 90 anni -dichiara Cariddi- si scoraggerebbero i beneficiari dal tenere gestioni efficienti e responsabili, in quanto verrebbe meno lo stimolo di una potenziale concorrenza che oggi verrebbe esercitata sulla base delle disposizioni comunitarie vigenti”. 
Per Giuseppe Venneri, primo cittadino di Gallipoli, risulta necessario “trovare un punto di incontro tra le esigenze imprenditoriali e le norme messe a punto dall’Unione Europea”, senza negare il ruolo strategico svolto dalle spiagge italiane e salentine: “Sono elementi di attrazione turistica -conclude Venneri- che non possono essere eliminati in un sol colpo”. 
 
 
Intanto sul mare del Salento svettano tre Bandiere Blu 
 
L’importante riconoscimento attribuito a Melendugno, Salve ed Otranto, premiate per la pulizia delle acque, la gestione dei rifiuti e l’ecosostenibilità cittadina. Ma Castro resta fuori  
 
Nella baraonda dello scontro sulle concessioni demaniali ai privati per 90 anni, piomba l’annuale graduatoria delle Bandiere Blu, che sembra poter diventare elemento di analisi per un’ulteriore riflessione sul futuro delle coste italiane (e salentine in particolare), se rapportato proprio al recente provvedimento del Governo. Il Salento brinda con tre vessilli blu, posti sulle proprie spiagge, a fronte degli otto totali assegnati alla Puglia, che si attesta come regione in una posizione di medio-alta classifica: a sorridere sono la rientrante Otranto, dopo qualche anno di esilio dalla graduatoria per via di una gestione della raccolta differenziata non sufficiente, e le riconfermate Melendugno e Salve. Ma, come ogni anno accade, tra le gioie arrivano anche i dolori e l’esclusa di lusso, questa volta, è stata Castro, che si aggiunge all’altra nobile già declassata in passato, ossia Santa Cesarea Terme. 
La Bandiera Blu, riconoscimento internazionale istituito nel 1987, viene assegnato ogni anno in 41 diversi paesi, con l’obiettivo di promuovere nei comuni rivieraschi una conduzione sostenibile del territorio, attraverso una serie di indicazioni che mettono alla base delle scelte politiche l’attenzione e la cura per l’ambiente. Ai fini della valutazione, risultano strategici criteri come la qualità delle acque di balneazione, la depurazione delle acque reflue, la gestione dei rifiuti, la regolamentazione del traffico veicolare, la sicurezza ed i servizi in spiaggia. 
La Puglia, come detto, si è aggiudicata otto Bandiere: oltre alle tre località del Salento, due sono andate a Rodi, nel Gargano, con il porto turistico Madonna della Libera (unico approdo pugliese premiato) e la sua spiaggia. Due riconoscimenti nel brindisino con Ostuni e la new entry Fasano, mentre in provincia di Bari la Bandiera Blu se l’aggiudica Polignano a Mare. Lo scudetto del mare italiano viene assegnato anche quest’anno alla Liguria, con ben 17 località premiate con la Bandiera Blu. Seguono le Marche e la Toscana con 16, l’Abruzzo con 14 (una più dello scorso anno), la Campania con 12, l’Emilia Romagna con 9 (una in più dello scorso anno). A ruota, il Veneto e la Sicilia con 6, la Calabria e la Sardegna con 5, il Lazio con 4. Friuli Venezia Giulia e Piemonte riconfermano le 2 del 2010, Molise e Basilicata si aggiudicano una Bandiera a testa. 
 
Mauro Bortone