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La passione di Sant’Isidoro

Due immobiliaristi inglesi intendono costruire un resort di lusso in località Sarparea, all’interno di un uliveto monumentale. Il Comune di Nardò ha detto sì, ma ambientalisti e Regione Puglia (quest’ultima accusata di “malaburocrazia”) non ci stanno e dopo fanno ricorso al Consiglio di Stato. Intanto la città si divide tra favorevoli e contrari 

 

Nel 2009 il progetto prevedeva l’abbattimento degli ulivi monumentali per creare un resort di lusso composto da oltre 200 villette, per un totale di circa 130mila metri cubi. Siamo a Sant’Isidoro di Nardò, lungo la direttrice Sarparea-De’ Pandi, nel punto in cui il comune più grande della provincia confina con Porto Cesareo. Qui la Sarparea rappresenta un polmone verde sino ad oggi scampato al cemento. Una masseria del XVII secolo, ulivi del XIV secolo, antiche fornaci per la cottura della calce, stradine selciate, muretti a secco. 

Non hanno affatto scelto male, i magnati che intendono investire da queste parti oltre 60 milioni di euro: l’immobiliarista Alison Deighton, moglie dell’attuale Segretario al Tesoro del governo britannico targato David Cameron, e il petroliere Ian Taylor. I due, dopo aver acquistato i terreni edificabili, al sorgere dei primi ostacoli “fiutano” il problema e presentano una nuova proposta, meno impattante della precedente: mantenere intatto l’uliveto e costruire il resort al suo interno. Tra una pianta e l’altra, in sostanza. 

Un’idea ambiziosa ma di complicata realizzazione, che non ha convinto associazioni ambientaliste e comitati locali. Tuttavia, con la delibera n. 106 del 21 dicembre 2009 il Comune di Nardò, allora guidato dal sindaco Antonio Vaglio, approva il piano di lottizzazione. Una decisione che lascia interdetti anche alcuni magistrati, i quali chiedono accertamenti per verificare la legittimità delle procedure seguite. 

Ma il primo intoppo vero e proprio per gli immobiliaristi inglesi si manifesta nel 2010, quando il progetto “Oasi Sarparea Srl” viene bocciato dalla Soprintendenza ai Beni Culturali. Il motivo è sin troppo evidente: dal 1975 alcune parti del territorio di Nardò sono state dichiarate “di notevole interesse pubblico”. Per la Soprintendenza non regge pertanto l’ipotesi secondo cui la struttura verrebbe costruita senza intaccare e soprattutto senza estirpare gli ulivi. 

Una seconda tegola si abbatte sugli imprenditori agli inizi del 2012 quando, nonostante il Piano Regolatore Generale del Comune di Nardò renda edificabili quei suoli, ricevono l’altolà anche dalla Regione Puglia. La decisione di viale Capruzzi giunge al termine della procedura di Valutazione Ambientale Strategica (Vas). Gli immobiliaristi si rivolgono al Tar, che nel novembre 2013 dà pienamente ragione agli inglesi. “Il progetto in esame -si legge nella sentenza- da un lato non incide in maniera particolarmente significativa sull’intorno esistente, e sotto altro profilo non comporta stravolgimento delle esistenti visuali panoramiche”. 

È un vero e proprio “colpo di scena”. Deighton e Taylor potrebbero far entrare le ruspe nei loro terreni anche l’indomani. Ma ciò non accade, probabilmente per prudenza dei due imprenditori. Anche perché nel frattempo la Regione Puglia, sconfitta al Tar, ha fatto ricorso al Consiglio di Stato. Si attende dunque una nuova sentenza. Lo scorso 12 settembre Alison Deighton in un’intervista al Corriere della Sera ha accusato l’Italia e la Puglia di “malaburocrazia”, minacciando di abbandonare il progetto. A Nardò la città è spaccata. C’è chi sta con gli inglesi, c’è chi sta con l’uliveto da proteggere. 

 

Stefano Manca