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La Fòcara, un mito che diventa tradizione

Le prime testimonianze del falò in onore di Sant’Antonio a Novoli risalgono al 1893. E quest’anno, per la prima volta nella storia, le donne hanno partecipato alla sua costruzione 

 

Un rito che si rinnova oramai da secoli, da tempi ancestrali. Un legame, quello con il fuoco, che è strettamente legato alla vita stessa dell’uomo e che ha in Novoli il cuore pulsante di una tradizione che sa mischiare antichità e innovazione nel nome e nel culto di Sant’Antonio Abate. 

Non c’è una data precisa sul primo falò acceso nei tempi oramai perduti, in un intrecciarsi continuo di storia e leggenda che fanno della Fòcara una sorta di mito da tramandare. Qualcuno fa risalire gli esordi di questa cerimonia al XV secolo quando una nutrita presenza veneziana si trovava a Novoli per il commercio di alcuni prodotti locali come il vino, l’olio e la bambagia. Altri fanno risalire la prima fòcara al 1893 quando, però, la pioggia incessante abbattutasi sulla città ne impedì l’accensione. Altri ancora sostengono che sia il 1905 la data dell’esordio, con la vigilia della festa contraddistinta da una forte nevicata. 

Quel che è certo è che il culto di Sant’Antonio Abate fu ufficializzato il 28 gennaio 1664 con tanto di assenso canonico da parte del vescovo di allora, monsignor Luigi Pappacoda. L’Anacoreta, primo degli abati e fondatore del monachesimo cristiano, viene solitamente venerato come protettore degli animali domestici e da cortile, tant’è che l’iconografia classica lo rappresenta in compagnia di un maiale. 

Dalla sacralità ci si sposta, quindi, ai riti civili che hanno nell’immensa fòcara allestita in piazza Tito Schipa il cuore abbagliante dei festeggiamenti. Un lavoro di raccolta degli scarti della potatura dei vigneti, le cosiddette “sarmente”, che vengono sapientemente intrecciate e incastonate in fascine a partire già dal mese di dicembre per arrivare alle soglie della festa a toccare i 25 metri di altezza e i 20 metri di diametro. Un lavoro a cui, per la prima volta nella storia, quest’anno hanno partecipato anche le donne. L’iniziativa è stata promossa dall’associazione “Rione Stazione di Novoli” ed ha trovato subito l’adesione di numerose volontarie che si sono unite agli uomini del Comitato Festa per offrire una giornata di lavoro a devozione del Santo Patrono, rappresentato, come attributi iconografici, proprio dal fuoco sul libro o ai piedi in modo da richiamare la protezione del santo dal cosiddetto fuoco di Sant’Antonio, nome con cui oggi si riconosce l’Herpes zoster ma che un tempo si riferiva a tutte le gangrene che provocavano piaghe. Il fuoco, elemento purificatore, propiziatorio come simbolo in grado di sconfiggere il male e le malattie scatenando energie positive. 

 

Alessio Quarta – foto di Marco Nitto