La vicenda dell’Ilva, il gigantesco polo siderurgico di Taranto, è una delle più interessanti e controverse della storia industriale, economica e sociale italiana. L’ex Italsider ha costituito per decenni una grande ed insostituibile fonte di sostentamento per il territorio tarantino e le province limitrofe: le decine di migliaia di assunzioni (talvolta derivanti da una complessa rete di scambi clientelari e politici) e l’indotto legato alla lavorazione dell’acciaio, hanno rappresentato, senza ombra di dubbio, un irrinunciabile volano per un’economia quale quella delle province pugliesi, che, ancora nei primi anni ’50, si presentava come debole ed in perenne difficoltà. Tutto ciò a quale prezzo? Il costo è stato altissimo. Taranto ed il suo hinterland lo pagano tuttora con percentuali di infortuni sul lavoro tra le più alte d’Italia e una concentrazione di veleni e gas nocivi che non ha eguali in Europa. Ecco il destino dell’Ilva: una fabbrica di vita e anche di morte.
Un destino che i proprietari hanno tentato spesso di aggirare non tanto rendendo più sicuri gli ambienti di lavoro o cercando di rispettare le norme di tutela ambientale, quanto ricorrendo ad escamotage quali alcune dichiarazioni “spontanee” fatte firmare agli operai. Con queste dichiarazioni i dipendenti si impegnavano a non chiedere alcun risarcimento per eventuali malattie o danni alla salute sopraggiunti a causa del lavoro svolto nello stabilimento siderurgico. Nei giorni scorsi, tuttavia, l’Ilva di Taranto, il grande “drago d’acciaio”, ha subito un duro colpo dalla Corte di Cassazione. In seguito alle proteste di un operaio affetto da sordità proprio a causa del lavoro prestato per anni nell’acciaieria, la Cassazione ha annullato la validità di tale pratica e ha dichiarato prive di valore anche le dichiarazioni sottoscritte in passato. Finalmente i dipendenti dell’Ilva potranno far valere i propri diritti ed ottenere il giusto risarcimento per i tanti anni di lavoro prestati senza le necessarie precauzioni, in condizioni di rischio assoluto per l’incolumità fisica e la salute in genere.
Le annose vicende giudiziarie che hanno interessato il polo siderurgico non fanno però sperare in una soluzione rapida. Al di là di ciò, la Cassazione ha tracciato una strada e sicuramente ha lanciato un monito rivolto a tutte quelle aziende che pensano che sia possibile sfruttare il lavoro delle persone levandosi di dosso ogni responsabilità con una semplice firma su una dichiarazione, per così dire, “spontanea”.
Alessio Palumbo