Presentato in questi giorni un programma di azione finalizzato a salvaguardare gli alberi dal disseccamento incentivando gli innesti e l’utilizzo delle buone pratiche agronomiche
Dieci azioni per salvare gli ulivi e tutto il settore olivicolo salentino, dalle buone pratiche agricole, all’impianti nelle aree infette, agli innesti per salvare gli alberi secolari. Coldiretti Lecce lancia un proprio piano d’intervento per arginare e contrastare il complesso del disseccamento rapido degli olivi (Co.Di.R.O.), patologia la cui causa è stata attribuita, con molte perplessità, al batterio della Xylella fastidiosa. Un programma suddiviso in 10 punti, quindi, stilato al termine del consiglio direttivo tenutosi negli scorsi giorni presso la sede di Coldiretti Lecce e che ha visto la partecipazione proprio di alcuni rappresentanti dell’olivicoltura salentina.
La base di partenza è rappresentata dalla campagna “InnestiAMOli”, che vede nell’innesto l’unica pratica perseguibile per salvare circa 5mila ulivi monumentali. A questo è legato il “Laboratorio sperimentale a cielo aperto”, attraverso il quale, con il coinvolgimento degli istituti di ricerca, individuare le varietà di ulivo resistenti o tolleranti alla Xylella; stessa importanza è stata data alle buone pratiche agronomiche, che per Coldiretti Lecce costituiscono la strada più efficace per abbattere la popolazione dell’insetto vettore della Xylella, la cosiddetta “sputacchina”. Nella strategia dell’associazione di categoria, come accennato, anche la cancellazione del divieto di impianto di ulivi e altre piante nelle aree affette dal batterio.
Nel decalogo predisposto da Coldiretti Lecce assume poi un ruolo centrale il Psr (Piano di sviluppo rurale), per il quale si suggerisce una rimodulazione per agire in modo sistematico proprio sulla filiera olivicola, in particolare nelle aree colpite dal Co.Di.R.O. Sempre nell’ambito del Psr, il programma prevede anche l’avvio della misura relativa agli investimenti con i quali incentivare le buone pratiche agronomiche, nonché di favorire il sostegno al ripristino del potenziale produttivo agricolo perso a causa del disseccamento. L’ultimo azione relativa al Psr è invece l’attuazione della misura 16, con la quale costituire un gruppo operativo che abbia come obiettivo l’individuazione di una cura del Co.Di.R.O. Un obiettivo, quest’ultimo, da raggiungere anche con il contributo dei massimi esperti del settore da riunire in un network internazionale.
L’ultimo punto del decalogo volge invece lo sguardo all’olio extravergine di oliva salentina, con idonee politiche di promozione e valorizzazione (concorsi nazionali, carta degli oli, manifestazioni specifiche) da attivare con il contributo degli attori politici, economici e sociali. “Il mondo agricolo -spiega il presidente di Coldiretti Lecce, Pantaleo Piccinno– è conscio della gravità della situazione, ma pone enorme fiducia sulle capacità innovative dei ricercatori italiani che, oltre a dover essere sostenuti, devono ritrovare nei vari sistemi universitari ed istituti scientifici la necessaria sinergia e lo spirito che porti a salvare l’economica agraria ed il paesaggio incantevole del Salento”.
La cura biologica di Giuseppe Coppola
Se da più parti sono nate proposte e sperimentate nuove metodologie alternative agli abbattimenti e ai fitofarmaci, una strada mai abbandonata sul fronte del contrasto al Co.Di.R.O. è quella relativa alle buona pratiche agricole. Il loro ricorso ha infatti spesso portato a risultati incoraggianti, come il caso relativo ai 450 alberi d’ulivo dell’imprenditore agricolo Giuseppe Coppola, proprietario di un oliveto in un agro tra Alezio e Gallipoli. La sua storia è stata raccontata dallo stesso interessato lo scorso ottobre proprio presso il suo terreno e davanti a Joseph Marie Bové, il componente dell’Accademia dell’Agricoltura di Francia e scopritore della sequenza genetica della Xylella dannosa per gli agrumi,Donato Boscia, responsabile dell’Istituto di Virologia del Cnr di Bari, e Giovanni Martelli, docente di Patologia vegetale all’Università di Bari.
Coppola, alla presenza anche di Coldiretti e Confagricoltura, ha così spiegato di aver effettuato nell’arco di un anno cinque potature; i tagli sono stati disinfettati con rame e mastice, mentre i resti della potatura sono stati bruciati sul posto. Nell’estate scorsa, poi, sono stati eliminati i polloni, mentre contro gli insetti è stato nuovamente utilizzato il rame, la sostanza che meglio di altre protegge l’olivo dalle sue patologie, disseccamento compreso. Dopo la potatura di settembre, poi gli ulivi sono iniziati a germogliare, contando poi sulla caratteristica di questi alberi che è quella di rigenerarsi velocemente. A protezione della pianta è stato anche utilizzato il solfato di rame. Coppola ha però sottolineato l’utilizzo dello zolfo in polvere, convinto di creare i giusti ostacoli per la sputacchina.
Una tecnica di cura costata ben 95 euro ad albero (oltre 40mila euro in totale), ma comunque inferiore ai 98 euro come indennizzo per l’abbattimento, come previsto ai tempi dal piano Silletti bis. Gli scienziati che hanno visionato i risultati ottenuti da Coppola si sono mostrati cauti, affermando che i risultati si potessero valutare solo a lungo termine. Da allora sono passati sei mesi, ma il caso di Coppola conferma come parte della comunità scientifica non abbia rivolto sufficiente attenzione alla potenzialità delle tradizionali pratiche agricole.
Alessandro Chizzini