Belpaese ha incontrato la comunità dei pescatori attivi nella marina leccese, i quali hanno raccontato le difficoltà che quotidianamente affrontano a causa della presenza del poligono militare
L’impatto dell’ingombrante presenza del poligono militare di Torre Veneri si fa sentire con forza sul territorio circostante, su cui le ricadute negative pesano come macigni, tanto per l’ambiente che per gli abitanti della vicina comunità di Frigole, distante appena un paio di chilometri dal cuore del poligono, dove le frequenti operazioni militari quasi ogni giorno fanno del prospiciente Mare Adriatico una sorta di teatro di battaglia.
Dopo le varie vicende che finora hanno visto protagonisti rappresentanti politici e militari, associazioni e Procura della Repubblica, adesso a parlare è la comunità di pescatori che da decenni subisce in silenzio la grave situazione. La loro testimonianza la dice lunga sulle ferite di questo lembo di terra e il silenzio non può più contenere tutti i disagi cui va incontro chi, come Giuseppe, detto Pinuccio, Salvatore e tanti altri a Frigole, discende da generazioni di pescatori e ha voluto portare avanti, se pur con tante difficoltà, l’antica tradizione.
In un pomeriggio assolato di settembre abbiamo voluto incontrarli al porticciolo di Frigole, il mare agitato e la forte tramontana non consentono di addentrarsi in mare. Ed è proprio Pinuccio a raccontarci le difficili condizioni in cui si trovano ad operare i pescatori del luogo.
Pinuccio, quanti pescatori siete qui a Frigole?
Siamo una ventina di famiglie e una decina di pescherecci presenti qui nel porto, condotti ognuno da due pescatori; generalmente, se le condizioni del tempo lo permettono, in questo periodo si esce in mare due volte al giorno, ma il meteo spesso fa i capricci e siamo costretti a restare a terra.
Come vivete la presenza del poligono di Torre Veneri?
Male, per noi è una tragedia. Non c’è nessuna ricaduta positiva sulle nostre famiglie, sul nostro lavoro né sul territorio, ci dà solo una serie di problemi che complicano la già difficile situazione che è al limite della sopravvivenza.
Quali sono le principali conseguenze causate dalla presenza del poligono?
Sono tante. Un primo grosso problema riguarda il rifornimento di gasolio, poiché l’unico impianto dove possiamo farlo è a San Foca ma, dato che la rotta da percorrere ricade in piena area militare, non possiamo passare. L’unica alternativa è di aggirarla inoltrandosi in mare oltre i 3 km dalla linea di costa ma, avendo piccole e lente imbarcazioni, abbiamo difficoltà. Quindi siamo costretti arrivare a San Foca via terra e fare rifornimento con le taniche, il che porta via più tempo ed è molto disagevole. Quando non ci è possibile farlo o restiamo a secco oppure, per poter uscire a pescare, siamo costretti a percorrere ugualmente quel tratto di mare.
Quali rischi ci sono se si attraversa lo specchio d’acqua di fronte a Torre Veneri?
Prima c’erano spesso le motovedette dei carabinieri che sorvegliavano l’area e facevano multe salatissime, ora c’è solo un militare a terra che segnala lo svolgimento delle esercitazioni e se non lo vedi rischi che ti sparino addosso. Il rischio maggiore è proprio quello delle esplosioni in mare: infatti può accadere che ci sia nebbia che comporta scarsa visibilità, o burrasche o avarie del motore e se capiti -anche senza volerlo- da quelle parti perdendo il controllo della barca rischi grosso. È capitato inoltre che gli stessi militari abbiano sbagliato mira e una volta addirittura hanno demolito una parte di casa che si trovava in località Ramanno, episodio che è stato subito messo a tacere.
Vi è mai capitato di imbattervi in materiali usati per le esercitazioni?
Sì, qualche volta abbiamo tirato su con le reti vari proiettili e munizioni. Ma quel che sappiamo in merito ci è stato per lo più raccontato dai recuperatori clandestini, che negli anni hanno tirato su dai fondali, a scopo commerciale, una quantità incredibile di roba tra bossoli, penetratori e materiali vari.
Quali sono dunque le ricadute sul vostro lavoro?
Un problema basilare è quello del divieto di pesca in tutta l’area marina sottoposta a servitù militare, che è notevole perché si estende a ventaglio a partire dalla costa e, in profondità, arriva fino a Torre Chianca. La sola area libera in cui c’è consentito pescare è quella situata sotto costa ma non si pesca granché e la nostra attività produttiva è fortemente limitata.
Cosa ne pensate voi pescatori dei rischi per la salute derivanti dal rischio di inquinamento a causa di metalli pesanti?
Certamente le polveri che qui respiriamo in seguito alle esercitazioni non ci fanno bene, a Frigole c’è un’alta incidenza di tumori, alcune volte ci è stato perfino riferito di molluschi trovati morti in mare però più a nord, verso Casalabate, il che può essere dovuto anche all’inquinamento di Cerano. Praticamente qui siamo tra due fuochi!
Rosy Paticchio