In concomitanza con le elezioni politiche molti giornalai leccesi hanno dichiarato lo stato di agitazione per richiamare l’attenzione sulla crisi della categoria
Le elezioni sono un momento chiave. Il momento in cui i giornali vendono di più, in cui trovano vetrina i pronostici di quello che sarà il Parlamento e l’affluenza, prima, e i politici eletti subito dopo. È per questo motivo che i rappresentanti di categoria degli edicolanti, in piena crisi del settore, hanno deciso di indire uno sciopero nazionale nelle date del 24, 25 e 26 febbraio. Uno stop di tre giorni organizzato per dare un segnale forte all’opinione pubblica e sensibilizzarla circa la crisi che oltre ad aver trascinato inesorabilmente al ribasso le vendite di quotidiani e periodici, ha condannato a morte, solo negli ultimi anni, migliaia di posti di lavoro, rendendo sempre più ardua la sopravvivenza delle edicole superstiti.
Ma non tutti i giornalai di Lecce hanno partecipato all’interruzione del servizio: infatti il Sindacato Nazionale giornalai italiani Sinagi Cgil, ha deciso all’ultimo momento di dissociarsi dall’azione promossa dalla Snag Confcommercio.
Noi siamo andati a parlare con alcuni edicolanti della città di Lecce. “Scioperare non serve -afferma Sergio Maddalena, dell’edicola Spedicato-. É come darsi la zappa sui piedi: crei problemi solo alla clientela, mentre agli editori non importa. Probabilmente nessuno ha aderito. Il Governo stesso se ne disinteressa, ma il servizio che le edicole svolgono va a vantaggio anche degli stessi politici. Probabilmente servirebbe uno sciopero generale più che di un settore alla volta”. E giustifica il calo delle vendite commentando: “La stampa ha perso di credibilità agli occhi della gente”. È di differente opinione invece Lorenza Borghi, titolare di un’edicola in zona San Pio, che pur appartenendo al Sinagi avrebbe voluto scioperare, e spiega che “il settore è in crisi perché, nonostante i profondi cambiamenti che l’hanno coinvolto, non viene riformato da decenni”.
Per Paolo Carascosi, da 45 anni nel settore, questa revoca all’ultimo momento è l’equivalente di una presa in giro, perché “uno sciopero nei giorni delle elezioni sarebbe stata una risposta giusta”. Lui, che all’edicola tout court ha affiancato altri servizi, come la ricevitoria e il gratta & vinci, commenta: “Internet ha cambiato tutto. Ora, tranne gli affezionatissimi della carta stampata, la gente non compra più i giornali, ma legge le informazioni sul web, momento per momento. Le vendite sono calate drasticamente e gli editori non sembrano interessarsi affatto alla cosa. Continuano a prendere sovvenzionamenti pubblici e intanto cercano di bypassare le edicole, assicurandosi le vendite tramite gli abbonamenti. Imbustano quello che vogliono, senza curarsi della trasparenza delle date. E di fatto allontanano i pochi clienti rimasti. Invece occorrono innovazioni che riportino i clienti nelle edicole, come accadeva con l’abbinamento del prodotto enciclopedico o dei dvd ai periodici”.
Ma la situazione peggiore la vivono i chioschi, che puntano tutto sui giornali e lavorano dalle 6 del mattino fino anche alle 22 per pochi centesimi di euro: 18 centesimi a copia è infatti l’ammontare percentuale dell’aggio che spetta loro per la vendita di giornali e riviste. Al lordo.
Valentina Zammarano