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Cresce (e arriva sui tetti) la protesta dei precari della sanità

Occupato mercoledì mattina il tetto della Direzione della Asl di Lecce dai lavoratori delle ditte appaltatrici e dagli infermieri precari
 
La protesta più trendy? Occupare i tetti. Se non fosse che dietro ci sono storie di tristezza ed esasperazione, quella dell’occupazione dei tetti potrebbe essere tranquillamente analizzata nei fenomeni di costume. Mercoledì 15 dicembre è stata la volta del tetto della Direzione della Asl di Lecce e i precari non si sono fatti fermare neppure dai fiocchi di neve che, pur radi, sono caduti in città. Sono esasperati questi lavoratori? Di più, convinti come sono di lottare contro un muro di gomma. 
La protesta è partita una settimana fa con l’occupazione degli uffici della Direzione sanitaria e i lavoratori precari battono i pugni sventolando i due ricorsi vinti rispettivamente al Tar e al Consiglio di Stato. In realtà, sulla loro assunzione, la Regione Puglia ha cercato di impegnarsi, ma pende la spada di Damocle della Corte Costituzionale che potrebbe pronunciarsi contro l’internalizzazione dei precari. “Nonostante la richiesta inviata alle parti politiche e ai ministri, al presidente del Consiglio, al presidente Vendola, al prefetto di Lecce, non si è mosso ancora nulla -afferma Gianni Palazzo, segretario Usb-Rdb- ma soprattutto in questo Paese non c’è alcuna certezza. Per qualcuno le sentenze si applicano in attesa della pronuncia della Corte costituzionale, mentre questi lavoratori sono costretti ad aspettare il giudizio di febbraio”. Intanto sui tetti, oltre ai lavoratori delle ditte appaltatrici della Asl, sono saliti anche gli infermieri precari. “Sono circa 990 gli infermieri della provincia di Lecce che non vedranno rinnovati i propri contratti e per i quali le graduatorie sono ferme a causa del Piano di rientro -rimarca Davide Lovarello del Comitato infermieri precari- e queste figure professionali, che non hanno la fortuna di rientrare nel Piano di stabilizzazione dei precari perché non raggiungono i 3 anni di servizio entro la fine dell’anno, sono già a casa”. 
Il paradosso sta nel fatto che questi lavoratori sono necessari per garantire il servizio all’utenza anche perché c’è il blocco del turn over, imposto fino al 2013, che sta svuotando gli ospedali pugliesi di una parte consistente del personale infermieristico. Dulcis in fundo, sono 15 anni che la Regione Puglia non bandisce un concorso pubblico per i collaboratori sanitari e gli infermieri: basti pensare al reparto di Emodinamica del “Vito Fazzi” di Lecce che per un mese ha funzionato con un infermiere e un ausiliario. Intanto pare che alcune ditte appaltatrici non stiano neppure pagando le tredicesime, ragion per cui il segretario provinciale di Fsi (Federazione Sindacati Indipendenti), Dario Cagnazzo, ha sollecitato il Prefetto affinché convochi un tavolo tecnico in cui tutte le parti politiche partecipino a trovare una soluzione. 
Insomma, nel braccio di ferro tra Regione Puglia e Governo, per il Piano di rientro della sanità, sono finiti nel tritacarne quei dipendenti passati dalle ditte esterne a società in house e che proprio per questo rischiano di rimanere precari. La Regione Puglia punta all’assorbimento perché diminuirebbero i costi e migliorerebbe il servizio, ma secondo il Governo non c’è adeguata copertura finanziaria. L’internalizzazione riguarderebbe 680 lavoratori a Lecce e circa 5mila lavoratori in tutta la Puglia. “Le internalizzazioni -afferma il coordinatore regionale de La Puglia prima di tutto, Salvatore Greco- sono state l’ennesima promessa preelettorale non mantenuta dal presidente della Regione e oggi gli tornano addosso come un boomerang: questo chiama il governatore in prima persona alla responsabilità di gestire la protesta ed evitare il peggio”. 
 
Maddalena Mongiò