La giornalista, ascoltata in Commissione regionale sulla criminalità organizzata, racconta la difficile situazione di Casarano, città che potrebbe essere costretta a lasciare per la propria sicurezza
La campagna elettorale è entrata nel vivo, quattro candidati a sindaco si contenderanno la poltrona di prima cittadino il prossimo 11 giugno. Ma a far rumore in città in questi giorni è anche altro: l’appello lanciato lo scorso 10 maggio dalla giornalista Marilù Mastrogiovanni dinanzi alla Commissione regionale d’inchiesta sulla criminalità organizzata. Al centro del suo intervento, Mastrogiovanni ha riferito di attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti in Salento e del “clima” a Casarano, città di residenza della giornalista dove, come da lei dichiarato, è stata oggetto di minacce da parte di politici locali. “Se lo chiedano gli inquirenti e i magistrati -ha dichiarato Mastrogiovanni- chi ha davvero governato Casarano negli ultimi anni e quale influenza ha avuto sull’economia dell’intero basso Salento il sistema mafioso di collusioni, connivenze, minacce, omertà, riciclaggio di denaro in aziende apparentemente pulite messo su dal boss Augustino Potenza del clan Montedoro-Potenza, costola rampante dello storico clan Giannelli-Scarlino-Padovano”.
Raccogliendo le dichiarazioni della giornalista e l’appello a fare rete attorno a chi denuncia gli illeciti, il consigliere regionale Sergio Blasi ha ribadito che “il problema di fondo resta la mancata chiusura del ciclo dei rifiuti. È vergognoso e triste, molto triste, apprendere che una giornalista che svolge semplicemente il suo lavoro, e lo fa bene, è costretta a lasciare la sua amata città solo perché ha osato fare vero giornalismo d’inchiesta, mettendo nero su bianco la realtà sotterranea che molti conoscono ma che nessuno racconta”.
“Ho raccontato -ha ricordato la giornalista- del legame mortale, presente nel basso Salento, tra imprenditoria, mafia e pubbliche amministrazioni, soprattutto nel settore dei rifiuti. Ho illustrato le modalità con cui la mafia radica il suo consenso imputridendo gli strati finora sani della società: presta soldi senza interessi, acquisisce società in crisi e reinveste in esercizi commerciali, aprendo bar, ristoranti, negozi fashion”.
Stefano Manca