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Chiese chiuse per Pasqua

Botta e risposta tra Rotundo e Monosi sull’utilizzo della tassa di soggiorno per garantire l’apertura delle chiese del capoluogo nel momento in cui maggiore è l’affluenza di turisti  

 

Siamo a ridosso delle festività pasquali ed ecco puntuale torna una domanda: come sarà Lecce a Pasqua e Pasquetta quando verrà invasa dai tanti turisti che si aspettano e che si sperano? Come si diceva il problema si ripropone: le chiese leccesi saranno aperte nei giorni di festa? E se sì con quali orari? 

Facciamo un passo indietro. Nelle chiese dell’Arcidiocesi di Lecce l’apertura è garantita della stessa istituzione religiosa leccese con orari diversi da chiesa a chiesa: qualcuna è aperta solo la mattina per poche ore, qualcun’altra mattina e pomeriggio, altre ancora addirittura mai. Per garantire una apertura più continuativa e diffusa è necessario che gli addetti ricevano un compenso per il lavoro aggiuntivo. La massima disponibilità possibile è da parte dell’Arcidiocesi, dall’altro il Comune di Lecce è altrettanto impegnato a fare e a fare bene. 

Spostandoci dalle strade e dalle chiese nei corridoi della sede comunale, bello che pronto, è lo scontro fra parti politiche. Antonio Rotundo (Pd) ha dichiarato in merito: “La legge istitutiva dell’imposta di soggiorno è chiara, mentre sinora i proventi sono stati utilizzati in modo improprio dalla Giunta. Le chiese ancora chiuse sono una responsabilità dell’esecutivo, che avrebbe dovuto utilizzare le entrate dell’imposta di soggiorno per tenerle aperte e non lo ha fatto, contravvenendo in questo modo allo spirito della legge che invece è chiara e non lascia dubbi di interpretazione. Infatti il decreto n. 23 del 2011 sul federalismo fiscale, che disciplina la istituzione dell’imposta di soggiorno, esplicitamente prescrive che la destinazione dei proventi devono essere destinati a finanziare interventi in materia di turismo -conclude Rotundo-, come manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali e ambientali locali e dei relativi servizi pubblici locali, fruizione dei beni culturali locali”. 

Non si è fatta attendere la risposta di Attilio Monosi, assessore al Bilancio, il quale ha affermato: “L’imposta di soggiorno ha questa vocazione e lo confermo. Ovviamente la soluzione va ricercata in modo organizzativo dopo aver ascoltato la Curia per fare un progetto comune. Ho già dichiarato la mia disponibilità per la parte economica. L’imposta di soggiorno può essere utilizzata proprio in questo senso e ribadisco che si può fare”.

 

Fabio Antonio Grasso