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Cervi e bufale

Sono passati 44 anni dallo scoperta della Grotta dei Cervi a Porto Badisco. Se è vero che molto deve essere ancora fatto per valorizzare uno dei più importanti siti preistorici d’Europa, è anche vero che spesso è stato diffuso allarmismo in merito allo stato di conservazione dei cunicoli e dei celebri pittogrammi che -traffico stradale a parte- godono di buona salute, a detta degli esperti della Soprintendenza ai Beni Archeologici 

 

Il 1° febbraio scorso si è celebrato a Lecce un curioso anniversario in ricordo di una celebre e mai abbastanza celebrata ricorrenza: la scoperta della Grotta dei Cervi a Porto Badisco. A ricordarci quell’importante evento sono le parole di Rosanna Romano, vedova di Severino Albertini, uno degli scopritori delle grotte: “Era il 1° febbraio 1970 allorché mio marito insieme con Isidoro Mattioli, Remo Mazzotta, Enzo Evangelisti e Daniele Rizzo, tutti iscritti al Gruppo Speleologico Salentino di Maglie, entrarono in una grotta da cui poi sarebbe scaturita una scoperta interessantissima”. Non nascondendo l’emozione di quei momenti Rosanna continua: “La grotta è lunga 1.550 metri e racchiude 3mila pittogrammi datati al 6.000 a. C. Le grotte risalirebbero al 25.000 a.C. circa”. 

Abituati come siamo oggi ad una logica “’usa e getta”, secondo cui una cosa va buttata nel dimenticatoio della mente dopo solo una giornata, fare i conti con “segni umani” risalenti a 6.000 anni prima della nascita di Cristo appare qualcosa di estraneo che “manco esiste” direbbe l’uomo qualunque. Ebbene, è proprio di questo che si tratta, ovvero di una cosa “che manco esiste” perché sembrerebbe che di questa scoperta, di questa grotta, dei suoi pittogrammi sembrano essersi dimenticati tutti o quasi. Sicuramente la maggior parte delle istituzioni. 

Di certo invece è rimasta scolpita nella memoria di Pino Salamina, un combattivo ottantenne, che all’epoca della scoperta fu chiamato a fare le prime fotografie delle grotte. Di certo è solidamente presente nella memoria di Luciano Faggiano, proprietario dell’omonimo museo, che alla Grotta dei Cervi ha dedicato in modo permanente una sala con ricostruzioni tridimensionali in miniatura e dove, proprio nei giorni scorsi, per il quarto anno consecutivo, è stato celebrato l’anniversario della scoperta. Anzi, dice Faggiano, della “non scoperta, perché dimenticata dalle istituzioni in merito soprattutto alla valorizzazione del sito. Una scoperta del genere -aggiunge- in altri paesi come la Spagna o la Francia sta dando da vivere a una intera regione”. Con rammarico Faggiano afferma infine: “Pino Salamina ha fatto circa 2 mesi fa una richiesta alla Soprintendenza Archeologica di Taranto e alla Procura per sapere quali reperti siano stati scoperti. Nessuna risposta al momento”. Quello che sembra evidente è che in tutta questa vicenda, fatta di domande ora senza risposte ora di mezze risposte, è necessario fare chiarezza. 

 

La Soprintendenza assicura: “Nessuna emergenza per le Grotte” 

 

La delicatezza e la complessità dell’argomento rendono necessaria una maggiore chiarezza a proposito della Grotta dei Cervi. Ne abbiamo parlato, pertanto, con il dottor Salvatore Bianco, archeologo responsabile della sede leccese della Soprintendenza ai Beni Archeologici di Taranto.

Dottor Bianco, quale è la condizione attuale delle grotte e dei pittogrammi? 

Lo stato di conservazione delle Grotte, e quindi delle note pitture preistoriche lungo i corridoi delle stesse, è rispondente a quanto riscontrato alla fine delle campagne di scavo effettuate nel corso degli anni ‘80 del secolo scorso dai professori Graziosi e Guerri dell’Università di Firenze e subito dopo dal professor Cremonesi dell’Università di Lecce e dalla professoressa Vigliardi dell’Università di Firenze. Una situazione di normale “conservazione” naturale, su cui pesano ovviamente i circa 6mila anni di storia delle grotte, come è stato confermato anche d recente dal professor Zezza dell’Università di Trieste. Questi, nel 1996, ha effettuato, all’epoca come Università di Bari, dei monitoraggi  ambientali all’interno delle grotte, nell’ambito di un progetto europeo, che metteva a confronto le grotte di Altamira in Spagna, con vistose forme di degrado delle pitture preistoriche dovute ai massicci flussi turistici, e le Grotte dei Cervi di Porto Badisco precluse da subito alla visita turistica. 

Quali sono i risultati della ricerca condotta dal professor Zezza? 

La situazione conservativa dei corridoi interni alle Grotte dei Cervi, insieme ai risultati dei monitoraggi, è stata presentata dal professor Zezza nella pubblicazione La Grotta dei Cervi sul canale d’Otranto (Capone Editore 2003) e in una pubblica conferenza tenuta subito dopo presso Il Museo di Maglie. Il professor Zezza ha illustrato in successivi articoli scientifici il carattere del tutto naturale del “degrado” delle superfici interne delle grotte dovuto al passare dei secoli. Di recente, lo stesso Zezza, ha affermato che solo un’alterazione continuata dei parametri ambientali interni potrebbe indurre effettivi fenomeni di degrado, ma tale alterazione dovrebbe essere indotta solo da continuate attività dell’uomo nell’immediato esterno o interno delle grotte, che per ora non sussistono. 

La vicinanza della litoranea è fonte di preoccupazione per la salute di questo monumento?

La vicinanza della strada provinciale Otranto – Santa Cesarea può costituire nel tempo fonte di eventuale pericolo per la parte terminale del corridoio n. 2, in quanto tale tratto di corridoio corre al di sotto della sede stradale. Al fine di evitare eventuali problemi la Soprintendenza, ma anche associazioni in passato, hanno sollevato il problema presso l’Amministrazione provinciale per l’interdizione del traffico ai mezzi pesanti. Nel 2013 la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia ha invitato la Provincia di Lecce ad entrare, in qualità di partner, all’interno del protocollo di intesa in via di definizione tra Soprintendenza, Università del Salento e Provincia di Lecce, proprio al fine di trovare soluzione al problema. Tra l’altro autorevoli esponenti della stessa Amministrazione provinciale hanno riconosciuto l’esistenza e l’importanza del problema.

E i recenti terremoti e piogge che hanno interessato il Salento?

Circa le recenti scosse sismiche non sono stati rilevati danni all’interno delle grotte nel corso dei recenti sopralluoghi di controllo. Ma nelle grotte non si sono notati neanche danni riconducibili ad eventi sismici dei secoli scorsi, che pure hanno colpito il Salento. Oggi, caso mai, possono preoccupare le forti precipitazioni piovose, che potrebbero comportare l’ingressione naturale e lo scorrimento di acque all’interno delle grotte, che potrebbero erodere i depositi archeologici dei settori più prossimi agli ingressi. Ma i monitoraggi effettuati nelle ultime settimane, dopo le recenti  precipitazioni, non hanno rilevato anomalie. 

 

Fabio Antonio Grasso