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Calabrese: “Il budget promesso per la Pet è stato ritirato”

Il responsabile legale del Gruppo Calabrese racconta del fermo alla sua attrezzatura, che ha lasciato cento pazienti in lista d’attesa
 
Il Gruppo Calabrese non riceve dalla Regione Puglia il budget per mandare avanti la sua Pet-Tac e la ferma. Ragioni economiche e burocratiche sembrano accavallarsi, ma la verità resta anche quella delle cento persone rimaste in lista d’attesa e del personale che è dovuto entrare in cassa integrazione. In altre parole, oltre al danno (sanitario) la beffa (lavorativa). Una vicenda che inasprisce i rapporti, già abbastanza in clima da “guerra fredda” tra sanità pubblica e privata, anche se mutuabile come in questo caso. Abbiamo ascoltato le ragioni del rappresentante legale dell’azienda, Giuseppe Calabrese, il quale ha ripercorso le tappe della questione esaminandone conseguenze e possibili soluzioni. 
Dottor Calabrese, perché la vostra Pet-Tac è ferma?
Abbiamo acquistato l’attrezzatura e l’abbiamo resa operativa il 13 luglio 2010. La Pet è stata in funzione fino a dicembre, soddisfacendo le esigenze di oltre mille pazienti. Abbiamo iniziato a lavorare dopo che il direttore generale della Asl ci aveva assicurato i rimborsi, spiegandoci che erano nella sua volontà. Il budget è un’esigenza fondamentale nella gestione dei fondi necessari per l’erogazione della prestazione da parte della struttura: noi prestiamo il servizio ai mutuati e la sanità pubblica ci rimborsa. Per quello che riguarda la burocrazia, noi siamo già accreditati da tempo per la Medicina nucleare, ma, a un certo punto, il budget promessoci a poco a poco è venuto meno, per cui abbiamo fatto ricorso al Consiglio di Stato. Non potendo dunque più sostenere il servizio, ci siamo dovuti fermare. 
Cosa ne è stato dei pazienti in lista d’attesa? 
Alcuni hanno effettuato la prestazione da noi privatamente, cioè pagandola per intero, altri si sono rivolti fuori regione. Quello che non capisco è il fatto che se il budget per noi non c’è, la Asl e la Regione devono pagare per i pazienti che effettuano fuori l’esame, anche con costi superiori a quelli da sostenere se il servizio fosse effettuato nella nostra provincia. 
Per quando si prevede un giudizio da parte della giustizia?
I nostri ricorsi saranno discussi il prossimo 21 gennaio da parte del Consiglio di Stato e a febbraio ci saranno i ricorsi al Tar. Non crediamo di avere la necessità di due accreditamenti, perché siamo già accreditati per la Medicina nucleare, per l’intera branca in cui la Pet rientra tra le attrezzature in uso, all’interno del nomenclatore tariffario. Peraltro, esistono recenti sentenze del Tar proprio su questioni come la nostra.
Quale potrebbe essere una possibile soluzione?
La situazione si risolverebbe se si riuscissero a trovare le risorse necessarie per i pazienti salentini. Mi risulta che 2mila persone sono andate fuori regione per la Pet-Tac, e mi sembra un dato fortemente significativo, perché rappresenta un ulteriore aggravio della spesa sanitaria dato che le spese fuori regione costano più che in Puglia. Abbiamo sempre effettuato prestazioni anche a pazienti ricoverati e la Asl ha sempre pagato per i suoi assistiti, ma ora sembra essersi creato un corto circuito. 
Un appello che rivolgerebbe al governo pugliese?
Mi piacerebbe essere convocato, come più volte ho chiesto, dal governatore Nichi Vendola e dall’assessore Tommaso Fiore, per poter spiegare le nostre istanze. Ma finora sono rimasto inascoltato. 
 
Angela Leucci