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Banca 121, la resa dei conti

È arrivata a distanza di dieci anni la sentenza della Cassazione che stabilisce la nullità dei contratti “My way e “4 You” della ex Banca 121, sottoscritti all’epoca da migliaia di risparmiatori (in particolare, la truffa consisteva nel far stipulare alle vittime un contratto di investimento sicuro, che si rivelava invece un contratto di mutuo). 
Una delle storie più torbide dell’imprenditoria salentina, che portò sul lastrico numerose famiglie 
 
Forse a Sharon Stone la brutta storia della Banca 121 non è mai arrivata all’orecchio. Fatto sta che i contratti di investimento proposti, nei primi anni 2000, dalla ex Banca del Salento (che ebbe come testimonial negli spot proprio la protagonista di Basic Istinct), non erano legittimi, almeno quelli sottoscritti fuori dai locali commerciali dell’istituto. 
A stabilirlo la Corte di Cassazione con una sentenza arrivata in questi giorni, a dieci anni dallo scandalo che spazzò via, di fatto, una delle più belle realtà imprenditoriali salentine. Sul banco degli imputati da subito finirono i contratti “My Way” e “For You” fatti sottoscrivere a migliaia di cittadini da promotori finanziari senza scrupoli che agirono -come poi stabilito da diverse sentenze e pronunciamenti- in barba alle più elementari regole deontologiche. Numerose sono state nel corso degli anni le condanne per la banca grazie anche al certosino lavoro delle associazioni dei consumatori che, pazientemente, hanno cercato di far rientrare i piccoli risparmiatori delle somme incautamente utilizzate per speculazioni ad alto rischio. L’ultima sentenza conferma la bontà dell’attività dell’Adiconsum Cisl -sezione di Matera- che da tempo ha attivato un  tavolo di conciliazione con la Monte dei Paschi di Siena (istituto che ha assorbito Banca 121). 
Il meccanismo dei contratti era semplice: i cittadini prendevano soldi in prestito dalla banca per investire in strumenti speculativi e, se non si riuscivano a pagare (il piano di finanziamento durava dai 15 ai 30 anni), il mutuo veniva chiuso pagando una grossa penale. I titoli subivano la svendita e la differenza addebitata sul conto corrente era gravato di spese e interessi anatocistici. “Lo squilibrio contrattuale derivante da quelle operazioni bancarie -si legge in una delle sentenze del Tribunale di Civitavecchia arrivata a fine dicembre 2011- è evidente e va ben oltre l’ordinarietà. Il contratto è vantaggioso per la Banca che percepisce gli interessi sul finanziamento, lucra i compensi per la gestione delle risorse finanziarie nell’interesse del cliente, colloca titoli dalla stessa negoziati o in regime di conflitto di interessi, in quanto si tratta di titoli emessi da una società facente parte dello stesso gruppo, mentre è esclusa la possibilità per il cliente di effettuare operazioni di passaggio fondi, indispensabili in caso di turbolenze del mercato”. 
 
 
Cosa erano i contratti “My Way” e “4 You”
 
“My Way” della ex Banca 121, e il suo gemello “4 You” erano prodotti di alta ingegneria finanziaria frutto del collegamento negoziale tra più contratti complessi: la concessione di un finanziamento rimborsabile in 15/30 anni a mezzo rate mensili costanti; l’acquisto, la custodia e la gestione di obbligazioni (European Investiment Bank o altro) e quote del fondo comune azionario (Spazio Finanza Concentrato o Ducato); la costituzione in garanzia dei titoli a fronte dei due finanziamenti; l’apertura di un conto corrente finalizzato al regolamento delle partite di dare e avere derivanti da altre operazioni. 
I risparmiatori venivano indotti a sottoscrivere i “piani previdenziali” con la promessa di restituzione del capitale in qualsiasi momento. Ma in realtà non era così: il risparmiatore, in maniera inconsapevole, prendeva soldi in prestito dalla Banca per investire in strumenti altamente speculativi. I consumatori così facendo contraevano un mutuo che comportava anche una gravosa penale per annullare la sottoscrizione. In caso di insolvenza la Banca provvedeva alla chiusura d’ufficio del mutuo (con l’applicazione della penale), svendeva i titoli mettendoli in compensazione. Il forte sbilancio passivo veniva addebitato su un conto corrente che alla banca garantiva altri interessi, commissioni di massimo scoperto trimestrali, spese ed interessi anatocistici (in pratica, interessi sugli interessi). Oltre alle conseguenze di tipo economico, i contratti “My Way” e “4 You” avevano un’altra caratteristica letale: in quanto contratto comprendente un finanziamento, erano soggetti a comunicazione alla Centrale dei Rischi presso la Banca d’Italia che provvedeva ad allungare l’elenco dei debitori insolventi. 
È diventato esemplare il caso di una 58enne in possesso solo di licenza elementare e con nessuna preparazione sugli investimenti finanziari: dopo aver sottoscritto un contratto “My Way” le comunicarono che avrebbe potuto ritirare la somma versata dopo 5 o 6 anni, comprensiva degli interessi maturati. A ottobre del 2010, la donna recatasi alla filiale Monte dei Paschi di Siena di Matera per recuperare il denaro versato, circa 8.500 euro, scopre che avrebbe potuto recuperare, al massimo, 1.500 euro. Grazie all’intervento dell’Adiconsum, la signora è riuscita ad riottenere 7.500 euro. I responsabili della Banca 121 sono stati denunciati dalla Consob nel 2004 e condannati ad una sanzione pecuniaria per truffa contrattuale. In particolare Vincenzo De Bustis per anni al vertice della Banca del Salento, nel dicembre del 2006 viene condannato a Teramo con decreto penale del gup Giovanni Cirillo a sei mesi per truffa contrattuale (poi convertiti in pena pecuniaria). E la Consob gli infliggerà una sanzione di 144mila euro, accusandolo insieme ad altri amministratori e dirigenti dell’istituto, di non essersi comportato con diligenza correttezza e trasparenza nell’interesse dei clienti e dei mercati.