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“Avrei voluto conoscere le lingue del mondo per parlare con loro”

Valentina Stefanelli, giovane volontaria di Botrugno, ci racconta la propria esperienza nella tendopoli di Manduria dove, insieme ad altri amici, ha portato indumenti e medicinali 
 
Ci sono storie dentro le storie nell’emergenza a Manduria. Quelle di tanti volontari che raccolgono indumenti, cibo e medicinali e si recano singolarmente o in gruppo presso la tendopoli, per offrire il proprio contributo agli immigrati, far sentire la propria vicinanza e mostrare un lato d’Italia che non si tira mai indietro, quando c’è da mettere in gioco la solidarietà. Il Salento, su questo terreno, è sempre stato l’avamposto dell’accoglienza: per questo, in tanti da questo territorio, armati di buona volontà, di voglia di dare una mano (e forse di un pizzico di curiosità), si recano sul posto, che ha tanti occhi puntati addosso dalla cronaca. 
È il caso, ad esempio, di Valentina Stefanelli, 26enne di Botrugno, laureanda in Sociologia: con un gruppo di amici, sabato scorso ha deciso di mettersi in viaggio verso il tarantino, per constatare sul posto quel che sta davvero accadendo e per portare agli immigrati abiti e medicinali. “Volevo capire -dichiara Valentina-, non sono una che si limita a ciò che raccontano i media: per quelli che sono i miei interessi di studio, amo vedere i volti e comprendere le situazioni. Il movente, se così posso definirlo, è stata la curiosità”. La sua, però, non è una curiosità morbosa, ma profonda: “Così -prosegue il suo racconto- ci è sembrato giusto andare a Manduria, incontrare questa gente”. 
L’esperienza diretta, sul campo, è tutta un’altra cosa: colpiscono, innanzitutto, gli occhi e le mani incrociate a Manduria. Le persone ospitate nella tendopoli si avvicinano, attorniano Valentina e i suoi amici; eppure lei non prova paura: vede speranza e sogni in sospeso, attese rimaste in gola, riarse dal sole cocente e dal tempo che in quel posto non sembra passare mai. “Mi ha colpito vederli ripetere continuamente grazie per le nostre piccole attenzioni (la voce è sensibilmente commossa), nel loro italiano stentato: avrei voluto conoscere le lingue del mondo, per poter parlare con loro ed ascoltare le loro storie”. 
Poi, c’è l’umanità. A Valentina resta nel cuore soprattutto quella. Così come non lascia indifferenti la confusione generale che regna anche tra chi regola la sicurezza dell’area: “Mi sono avvicinata -racconta- a due agenti delle Forze dell’ordine, per chiedere se esistesse all’interno del campo un presidio ospedaliero: uno mi ha risposto di sì, l’altro mi ha risposto di no. La sensazione è che neanche chi è lì sappia bene come comportarsi”. 
“È stata un’esperienza indimenticabile -conclude- e abbiamo faticato ad andar via, perché volevamo restare lì ancora, a manifestare la nostra vicinanza a quella gente”. L’aneddoto più bello riguarda un amico di Valentina, originario di Castrì, che ha ripercorso tutto il tragitto verso la macchina, senza scarpe: se le era sfilate, per darle ad un tunisino, regalandogli una piccola felicità. Un pezzo di Salento che non si smentisce. 
 
Mauro Bortone