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Amore e Psiche secondo Daria Paoletta

Il 30 giugno presso la Villa Tamborino di Maglie l’attrice foggiana porta in scena la storia d’amore narrata da Apuleio ne Le metamorfosi per il secondo appuntamento di Chiari di Luna

 

Una storia che racconta un amore travagliato e ostacolato dalla diversità dei due amati: Amore è un dio, mentre Psiche è una mortale ma bella come una dea. Una saga di personaggi che dividono l’Olimpo dalla Terra, le divinità dai mortali, per scoprire che non c’è poi tanta differenza: gli uni assomigliano agli altri. Daria Paoletta (nella foto) racconta così il “suo” mito di Amore e Psiche. 

Perché l’esigenza di raccontare Amore e Psiche oggi?

Amore e Psiche è una storia e come tutte le storie nasce da un’unica necessità: quella di cambiare, di assecondare un impulso al cambiamento che investe sia chi racconta la storia sia chi la ascolta. Raccontare storie significa sempre cambiare in qualche modo e l’attore non è che un filtro, un veicolo in questo processo di cambiamento. Ho letto Amore e Psiche per la prima volta molti anni fa e l’ho riscoperto la seconda volta, rintracciando un nuovo significato: quello della gestione di un potere, in tutti i suoi aspetti, anche e soprattutto in quello della bellezza, che finisce però, nel caso di Psiche, col diventare la sua maledizione. È questo che più di tutto mi ha affascinata.

In che cosa è consistito il tuo lavoro di riscrittura di un mito tanto antico, oggetto di tanti studi, trasmissioni e rielaborazioni? 

Ho lavorato sul testo riadattandolo e riscrivendolo inevitabilmente dal mio punto di vista, un punto di vista femminile che ha cercato e trovato significati propri. Nell’ambito del lavoro sul testo ovviamente ho tenuto sempre ben presente quelli che potevano essere i punti cruciali e gli aspetti più funzionali alla narrazione, al fluire della storia. Amore e Psiche poi è una favola che di per sé porta al confronto con i grandi temi della storia dell’uomo: il rapporto madre-figlio, il rapporto tra gli dei e gli uomini, tra uomo e donna, le dinamiche e i meccanismi dei giochi di potere. In particolare in questa versione del mito ho voluto mettere in luce maggiormente il fattore del condizionamento a cui Psiche è sottoposta, che nella storia è rappresentato dall’invidia delle sorelle, ma, allargando un po’ il perimetro della nostra interpretazione, può rappresentare tutte le componenti sociali, morali e culturali cui siamo sottoposti. 

Guardiamo per un attimo allora a Psiche dal tuo punto di vista, quello di una donna. Cosa ci offre quest’ottica nuova rispetto alle parole di Apuleio? 

Diciamo che era fin troppo semplicistico etichettare come semplice curiosità femminile l’atto con cui Psiche, violando i dettami, scopre il volto del suo amante. E d’altra parte anche la richiesta di Amore è da considerarsi una richiesta forte, prepotente: “Amami senza guardarmi mai in volto”. Davanti ad una richiesta del genere, davanti ai continui condizionamenti delle sorelle l’atto di Psiche non è curiosità. Si tratta semmai di un cedimento, che porta con sé tutta la complessità di un animo che alla fine cede e commette un’azione che originariamente gli era stata impedita. Psiche finisce con l’ascoltare le sorelle, ossia le tentazioni della vita fuori dal castello e cede. Con tutte le implicazioni che conosciamo e le prove a cui dovrà sottoporsi per aver disobbedito. 

Torniamo a un tema importante come quello della bellezza. In questo racconto la bellezza che ruolo ha?

Nella favola di Amore e Psiche la bellezza è ciò che condanna Psiche a un destino infelice. È la sua maledizione. Il suo viaggio, tutti i suoi guai, cominciano proprio da una bellezza che diviene bersaglio di invidie e vendette. Ecco perché parlavo di gestione del potere. La bellezza è potere e come tale può ritorcersi contro chi ne è portatore. 

Il tuo spettacolo sarà in scena il 30 giugno presso la Villa Tamborino di Maglie. Sarà la giusta cornice per una favola d’altri tempi. 

Esattamente. Sarà una cornice suggestiva per una storia che parla il linguaggio dell’interiorità. Colgo l’occasione per ringraziare la compagnia Burambò che ha prodotto e sostenuto lo spettacolo.

 

Patrizia Miggiano