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Acqua rossa a Melendugno, prima sentenza contro Aqp

La Magistratura ha condannato Giuseppe Valentini, manager dell’Acquedotto Pugliese, per la vicenda dell’acqua torbida che da dieci anni sgorga dai rubinetti delle abitazioni 

 

Quando, nel 2004, dai rubinetti delle abitazioni di Melendugno cominciò a sgorgare un liquido rossastro, l’allora sindaco Roberto Felline invitò i suoi concittadini a stare lontani da quell’acqua, ritenuta non potabile dopo alcuni controlli dell’Asl. È cominciato così l’allarme della cosiddetta “acqua rossa”: da oltre dieci anni infatti a Melendugno si susseguono denunce e polemiche, indirizzate soprattutto ad Acquedotto Pugliese. All’inizio il problema sembra riguardare soltanto via Roca, anche se pian piano si allarga ad altri punti della città. I rilievi dell’Asl, dicevamo, i cui esiti non lasciano spazio a grandi dubbi: un’acqua torbida, che non può essere bevuta né usata per preparare cibi fino al ripristino delle condizioni di conformità. Una conformità che, da dieci anni, l’Acquedotto Pugliese tarda a garantire. 

I cittadini di Melendugno danno vita così al comitato “No Acqua Rossa”, guidato dal professor Franco Candido, chiedendo interventi immediati al Parlamento Europeo, alla Regione Puglia e allo stesso Acquedotto Pugliese, che però sembra fare orecchie da mercante. Più volte il comitato ha imputato l’inquinamento delle acque a tubature vecchie e fatiscenti, risalenti ad oltre mezzo secolo fa. Un altro “appunto” rivolto all’Acquedotto Pugliese riguarda le tariffe sul servizio offerto. “Se viene erogata acqua non potabile le tariffe -hanno spiegato dal Comitato “No Acqua Rossa”- devono essere dimezzate, come previsto dall’articolo 13 del Cip, il Comitato Interministeriale dei Prezzi”. 

Si arriva così ai giorni nostri. Nel frattempo si celebrano due processi, che hanno visto prima l’assoluzione e poi la condanna di Giuseppe Valentini, manager di Acquedotto Pugliese ed ex direttore Aqp della provincia di Lecce. Ma andiamo con ordine. È il 2007: un gruppo di cittadini inoltra un esposto-denuncia. Parte un’inchiesta. Intanto a Melendugno molte famiglie cominciano autonomamente ad autoridursi le bollette dei servizi idrici. Il processo inizia nel 2010 e si conclude nel 2014. Gli imputati vengono assolti in prima battuta, ma in appello la sentenza è capovolta. Per Valentini lo scorso 3 ottobre arriva la condanna, in primo grado, per frode nelle pubbliche forniture e nell’esercizio del commercio: otto mesi, pena sospesa. 

Così ha commentato la vicenda il leccese Giovanni D’Agata, presidente nazionale dello Sportello dei Diritti: “Adesso diventa indispensabile che Aqp dimezzi subito il costo delle fatture di acqua pregresse e future, conformandosi legittimamente alla sentenza, e che continui nell’opera di risanamento delle vecchie condutture, arrugginite e obsolete, che sono state sostituite soltanto in poco più di venti vie cittadine, con un sensibile miglioramento della qualità dell’acqua, senza comunque risolvere del tutto il problema”. 

 

Franco Candido: “La vicenda non è ancora chiusa”

 

Franco Candido, referente di “No Acqua Rossa”, dal 2006 si batte per la risoluzione del problema dell’acqua torbida dei rubinetti di Melendugno e in questa intervista ammette che fino a pochi anni fa la situazione era peggiore. “Ma c’è ancora molto da fare”, spiega. 

Professor Candido, la beve l’acqua dal rubinetto? 

Alcuni miei concittadini si fidano e la bevono. Io e tanti altri non la berremo finché tutte le condutture del nostro territorio non saranno sistemate. La nostra non è una protesta tesa ad infastidire l’Acquedotto, il Comune o chicchessia: abbiamo il diritto di ricevere acqua pulita (anche perché la paghiamo per acqua pulita). 

Quell’acqua non è potabile? 

Diciamo che non siamo affatto sicuri che lo sia, anche se l’Acquedotto ci diceva il contrario. Nel 2008 e nel 2010 facemmo due differenti test, da cui risultò che l’acqua conteneva arsenico. Adesso quell’arsenico è scomparso? Facemmo anche un volantino per informare la cittadinanza. Dal 2010 in poi non sappiamo più nulla. 

C’è anche una protesta riguardante i pagamenti delle bollette.

Per quanto mi riguarda, se la fattura dell’acqua non è esosa la pago, se invece mi arrivano somme attorno ai 150 euro ne pago un terzo, in attesa che il processo stabilisca se sono colpevoli “loro” o avevamo ragione noi a protestare. C’è anche un provvedimento del Comitato Interministeriale dei Prezzi secondo il quale se l’acqua non è potabile l’utente ha il diritto di pagare solo il 50% della bolletta. 

Qual è il clima dopo la condanna di Valentini, il manager Aqp?

Non vogliamo creare allarmismi. Sappiamo che l’Aqp lavora per salvaguardare l’utenza ed è composto da persone serie. Se abbiamo creato ‘qualche problema’ ce ne scusiamo ma dobbiamo anche avere certezza di ciò che avviene. Le autorità pubbliche dovrebbero chiedere che siano effettuate analisi di acqua potabile, con riscontro non solo dell’Aqp ma anche del Comune. Chiediamo che si facciano fare analisi ad un ente terzo. In passato, ad esempio, è successo che le analisi effettuate dall’Aqp non corrispondessero a quelle effettuate da noi. Eppure si tratta di dati inconfutabili. 

Il problema quindi non sembra affatto risolto…

Dalle nostre fontane pubbliche sgorga acqua ininterrottamente 24 ore su 24: evidentemente hanno bisogno di farla scorrere dalle tubature. Altrimenti non produrrebbero tutto quello spreco. Se le lasciano aperte qualcosa non quadra. Ora però guardiamo avanti: chiedo ai miei concittadini di essere presenti al processo d’appello che si terrà a breve. Nel frattempo ringraziamo l’Acquedotto per quello che sta facendo, ma lo sollecitiamo a fare di più.

 

Stefano Manca