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A Chiari di Luna un tris vincente per “Quegli strani amici di famiglia”

L’edizione 2015 della rassegna teatrale si conclude il 10 e l’11 agosto con un esilarante spettacolo in dialetto salentino interpretato da Carla Guido, Massimo Giordano e Fabrizio Saccomanno 

 

Quegli strani amici di famiglia, spettacolo vincitore del bando provinciale “Colpi di Genio”, parla proprio di famiglia e tocca un argomento così vasto servendosi di tre importanti professionalità del nostro teatro: Carla Guido, Massimo Giordano e Fabrizio Saccomanno. Il trio di attori, dopo il debutto nel maggio scorso, continua l’opera di adattamento in dialetto salentino di alcuni pezzi d’autore, completamente rielaborati, arrangiati e assemblati, infine, in un unico spettacolo. Qui -e probabilmente mai come in questo caso- il termine “liberamente ispirato ad autori vari” diviene la clausola liberatoria della creatività drammaturgica e attoriale. 

La scelta di far stemperare le vicende rappresentate nel mood salentino, dai vivacissimi e speziati colori, dà la stura a possibilità espressive inesplorate, che diventano così l’elevamento a potenza della comicità. Si tratta di un trio di attori con tre temperamenti diversi, ma all’unisono che si misurano in uno spettacolo comico che racconta degli scorci interessanti, autentici della nostra realtà, ma anche dell’umano in generale. 

Lo spettacolo consta di due parti differenti: una prima parte, dai colori drammatici, che tiene insieme i tre monologhi degli attori, ciascuno autore del proprio. Si parla di situazioni familiari drammatiche e problematiche, estremamente complesse che si intrecciano con trame di violenza  fisica e psicologica. Ciascuno degli interpreti ha scritto il proprio monologo ed è interessante precisare che gli attori hanno ascoltato i monologhi dei compagni di scena la sera stessa della prima, creando un esperimento di scrittura e messinscena molto originale.

Con la seconda parte, invece, si precipita nel piacevole gorgo della farsa, creando una spirale di quaranta minuti di risate ininterrotte. Qui lo spettacolo si impenna con toni brillanti, comici: tutti e tre gli attori in scena narrano la storia di una famiglia salentina che fa di uno strano comportamento una normale attitudine di vita quotidiana. Sia la riscrittura della seconda parte che la regia dello spettacolo nel complesso sono di carattere collettivo, curate e firmate dal trio di attori che ha saputo creare una preziosa e fruttuosa collaborazione tra tre professionalità così differenti. Lo spettacolo si avvale della lingua dialettale per tutta la sua durata e richiama alla mente i caratteri tipici della nostra salentinità, quei caratteri vivaci, grotteschi ed estremamente poetici al tempo stesso, che con parole semplici e tanta mimica, sanno rendere evidente i colori e le intenzioni del dialogo, in scena come nella vita.

Chiari di Luna conclude, quindi, così questa stagione che ha visto avvicendarsi sul palco compagnie locali e nazionali di grande qualità, che hanno saputo regalare al pubblico momenti di grande commedia, ma anche spunti di riflessione molto importanti. Prevendite presso Cartel in piazza Aldo Moro n. 19 a Maglie. Per info e prenotazioni: 0836.484092, 328.0454551. 

 

Un vernacolo d’autore 

 

Quegli strani amici di famiglia è uno spettacolo scritto interamente in dialetto. Il trio di attori si è misurato con alcuni personaggi caratteristici del nostro mondo, che proprio per questo ci raccontano perché parlano di noi, della nostra terra, risultando per questo estremamente affascinanti. Si tratta di un incontro felice con il dialetto, spesso considerato figlio di un dio minore o comunque associato, a torto, ad una forma deteriore di spettacolo.

Da qualche tempo a questa parte, si sta assistendo a uno straordinario recupero del dialetto salentino come lingua preziosa per il racconto, la drammaturgia teatrale e la messinscena. Sarebbe auspicabile, ora, che il nostro dialetto, al pari di quello napoletano, romanesco, veneziano che hanno vissuto delle epoche di straordinaria fioritura artistica e culturale (basti pensare a De Filippo, Trilussa, Goldoni, ma anche a Pirandello con il siciliano) acquisti la dignità di una lingua a sé e possa emanciparsi da questa condizione imposta di “lingua da basso ceto”, rivelando così tutta la nobiltà della sua ricerca linguistica, dei suoi toni e della sua sintassi oltre che la sua già nota ricchezza di immagini e suggestioni. D’altronde, come già aveva splendidamente intuito Bodini, “ci sono cose che esistono solo nel dialetto”. 

 

Patrizia Miggiano