I ricercatori del Cnr di Bari e Perugia hanno identificato dieci esemplari di olivastro che sembrano essere immune al batterio
La sopravvivenza degli ulivi secolari salentini è nelle mani e nella linfa vitale del selvatico e robusto olivastro. Il soccorso di questo “ramo” cadetto (e per certi versi misconosciuto) della dinastia degli ulivi nostrani, partorito dal caso e dall’inseminazione del vento, ai margini dei maestosi filari di ulivi che da sempre sono il simbolo e l’anima della nostra terra, potrebbe rivelarsi determinante per la salvezza di questo immenso patrimonio verde flagellato dalla Xylella fastidiosa. Ulivi selvatici in grado di resistere a al batterio. Arriva dal Salento una speranza per la convivenza con la “fastidiosa”, grazie al Dna di alcuni olivastri e alle tante nuove potenziali varietà originate da semenzali spontanei sul territorio.
Coldiretti Lecce qualche giorno fa ha illustrato a Presicce una nuova linea di ricerca, nata da un’intuizione dell’imprenditore agricolo Giovanni Melcarne e realizzata con Cnr (Ipsp di Bari e Ibbr di Perugia), Università di Bari e Centro “Basile Caramia”. Ad accendere l’interesse dei ricercatori il ritrovamento, in zone fortemente contaminate dal batterio, di dieci esemplari unici di olivastri asintomatici negli agri di Presicce, Ugento e Castrignano del Capo, risultati tutti negativi alle analisi per Xylella (ripetute tre volte in un arco temporale di sei mesi). I dieci olivastri sono stati intercettati dopo una perlustrazione capillare di “selvatici” e si trovano tutti vicini a ulivi risultati dalle analisi in laboratorio carichi di batterio.
È il primo risultato di un progetto presentato nel settembre scorso, denominato “Xylella quick test tollerance”, con l’obiettivo di testare cultivar di olivo tolleranti, sul campo sperimentale di 12 ettari in cui sono stati innestati mille ulivi secolari con 250 varietà, di cui 220 italiane e ben 70 pugliesi e salentine, per un totale di circa 5mila innesti. Tra le varietà anche cloni delle cultivar autoctone, Ogliarola e Cellina, per redigere una scala di tolleranza del batterio quanto più esaustiva possibile.
“Dopo la buona notizia dei meccanismi di resistenza del Leccino -affermano i ricercatori- e l’avvio delle sperimentazioni in zona infetta, si andrà così ora ad esplorare una biodiversità ed una variabilità genetica ancor più ampie. La speranza è quella di trovare proprio nel bosco di ulivi salentini la soluzione genetica definitiva alla malattia, considerata ormai non più eradicabile in gran parte del Tacco d’Italia. Ma non solo: da una prima analisi dei profili genetici dei dieci semenzali è emerso, oltre ad un’eccezionale variabilità genetica, il fatto che alcuni di essi sono figli delle cultivar locali Cellina di Nardò e Ogliarola Salentina. E da questa ‘progenie’ si potrebbero preservare, tramite eventuali nuove varietà locali, alcune delle caratteristiche delle cultivar autoctone dominanti, oggi a rischio di estinzione nel Salento proprio per colpa del batterio”.
Coldiretti Lecce: “Un risultato straordinario, frutto della collaborazione tra scienziati e olivicoltori”
Per il presidente provinciale di Coldiretti, Pantaleo Piccinno, i risultati della ricerca sono come un balsamo che ridà vigore alla battaglia intrapresa dall’associazione da lui presieduta per sconfiggere o quanto meno limitare o circoscrivere i danni provocati dalla Xylella sul tessuto agroalimentare ed ambientale del Salento.
Piccinno ricorda gli inizi della sperimentazione, lasciando ormai alle spalle “la falsa contesa tra chi voleva salvare gli ulivi, di fatto determinando l’avanzata della malattia, e chi voleva interventi decisi per evitare che la malattia avanzasse. Noi olivicoltori assistiamo inermi alla quotidiana progressione dei sintomi del disseccamento che colpiscono tutti gli oliveti, indipendentemente dalle modalità di conduzione e delle cure che vengono prestate. Nello stesso tempo non siamo rassegnati al destino che questo territorio ricordi gli ulivi, le olive e l’olivicoltura come una reliquia del passato. Questo territorio è destinato a diventare il laboratorio a cielo aperto per la lotta alla Xylella. Qui la sapienza degli olivicoltori si confronterà con la capacità degli scienziati. Qui sconfiggeremo il batterio grazie all’opera di chi quotidianamente cura le piante, ed alle intuizioni di olivicoltori come Melcarne. Speriamo -conclude il presidente di Coldiretti- ora che la sperimentazione sugli innesti diventi una realtà positiva sulla quale tutto il settore spera”.
Clara Scarciglia