È stato questo il commento del procuratore capo Cataldo Motta all’indomani dell’omicidio di Augustino Potenza a Casarano e del tentato omicidio di Roberto Giancane a Copertino avvenuti nei giorni scorsi. Nuovi equilibri di potere stanno dunque ridisegnando la fisionomia della Sacra Corona Unita, che conta 11 clan in Salento e che, oltre alla droga, punta oggi a business quali rifiuti (normali e speciali), turismo e gioco d’azzardo, stabilendo nuove alleanze con associazioni criminali dell’Est europeo
La criminalità organizzata torna a insanguinare il Salento. L’omicidio di Augustino Potenza, avvenuto mercoledì 26 ottobre nel parcheggio di un ipermercato di Casarano, ha riacceso prepotentemente i fari su un contesto, quello mafioso, mai del tutto sparito dal territorio salentino, che pur tuttavia negli ultimi anni si era tenuto alla larga da azioni così efferate. Due killer a bordo di una motocicletta lo hanno raggiunto mentre Potenza era seduto in macchina, una Audi A6, alle 17.30 di un mercoledì di ottobre come tanti altri. E forse anche per lui che in qualche modo si fidava di quell’incontro nell’area di sosta di un ipermercato. Invece, 16 colpi di Kalashnikov, 11 dei quali andati a segno tra faccia e torace. Senza scampo. In un orario in cui i supermercati sono sempre pieni di gente. Senza alcun timore di poter coinvolgere innocenti, con la freddezza del sicario professionista e la certezza del bersaglio a cui mirare.
Non ci sono dubbi che sia un assassinio targato Sacra Corona Unita. Non ve ne sono soprattutto per i magistrati che stanno conducendo l’inchiesta, Antonio De Donno, capo della Direzione Distrettuale Antimafia, Massimiliano Carducci e Guglielmo Cataldi, i quali stanno indagando in profondità sulle relazioni del passato e del presente di Potenza. Sul suo capo pendeva l’accusa di aver fatto parte del commando che, il 5 marzo del 1998, sempre a Casarano, aveva ucciso brutalmente i coniugi Fernando D’Aquino e Barbara Toma su ordine del boss brindisino Vito Di Emidio.
Pochi giorni dopo l’attenzione si è spostata su Copertino dove ha avuto luogo un altro assalto di stampo mafioso. A farne le spese, questa volta, Roberto Giancane, altro volto conosciuto alle forze dell’ordine per traffico di droga e favoreggiamento proprio di Augustino Potenza e Tommaso Monteduro, raggiunto da un colpo di pistola calibro 7.62 che è passato poco sopra il cuore. L’altro colpo non c’è stato solo perché la pistola del sicario si è inceppata. Giancane, già sulla sedia a rotelle per un precedente agguato subito nella sua Monteroni nel 2002, lotta ora tra la vita e la morte.
Un clima su cui il procuratore capo Cataldo Motta si è espresso in maniera chiara e netta: “La pax mafiosa è stata violata. Dobbiamo ora capire cosa c’è dietro queste esecuzioni”. Nel frattempo società civile e forze dell’ordine si sono attivate per contrastare i recenti fenomeni mafiosi. L’associazione “Libera” di Casarano ha chiesto urgentemente la convocazione di un Consiglio Comunale monotematico alla presenza del Prefetto e dei vertici istituzionali. All’alba di mercoledì 2 novembre, invece, i Carabinieri del Comando provinciale di Lecce hanno dato vita all’operazione “Staffetta” con cui hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 9 persone legate alla Sacra Corona Unita (tra cui Alessio Fortunato di Squinzano), e 32 denunce per traffico di sostanze stupefacenti.
Vecchi e nuovi equilibri nella criminalità organizzata
La Sacra Corona Unita è una piovra che muove nuovi tentacoli. Nel corso degli anni, le numerose operazioni delle Forze dell’ordine e della Magistratura hanno intaccato pesantemente la struttura verticistica dell’associazione mafiosa. Così i clan hanno deciso di passare dall’idea originale, con un uomo al comando, ad un’organizzazione più reticolare, in cui non sorprendono i passaggi dei singoli “adepti” da un gruppo all’altro oppure le riorganizzazioni di interi gruppi al fine di mantenere il controllo delle operazioni criminose sui propri territori di competenza. Il tutto, però, avviene quasi nell’ombra, senza ricorrere solitamente ad eclatanti operazioni sanguinarie per evitare di accendere su di loro i fari delle Forze dell’ordine e comunità locali.
Tuttavia, come si legge nella relazione della Direzione Nazionale Antimafia commentata su Antimafia2000, “la nuova configurazione dei gruppi mafiosi attivi nel distretto della Procura Antimafia di Lecce, con riguardo ai loro assetti interni mantiene le caratteristiche storiche della Sacra Corona Unita sia per la necessità della divisione di compiti e ruoli e la rigorosa gerarchia di questi ultimi, sia per la finalità di intimidazione interna. In questa prospettiva, si colloca anche la ripresa della ritualità delle affiliazioni con la vecchia liturgia e il rispetto delle vecchie regole (anche di quella della giornata di sabato 29 ottobre destinata al rito del ‘movimento’)”.
I clan attivi in provincia di Lecce sono sostanzialmente 11. A nord del capoluogo troviamo il clan Tornese (Monteroni di Lecce, Carmiano, Guagnano, Veglie, Leverano, Arnesano, Porto Cesareo e Sant’Isidoro); il clan Pellegrino (Squinzano, Trepuzzi); il clan Caramuscio (Surbo); il clan De Tommasi (Campi Salentina). A sud della capitale del Barocco sono operativi il clan Rizzo (Cavallino, Lizzanello, Melendugno, Merine, Vernole, Caprarica, Calimera e Martano); il clan Leo (Vernole, Melendugno, Calimera, Lizzanello, Merine, Castrì, Cavallino e Caprarica); il clan Coluccia (Galatina, Noha e Aradeo); il clan Padovano (Gallipoli); il clan Scarcella (Ugento) e il clan Montedoro-Giannelli-De Paola (Casarano-Parabita). Nella città di Lecce sono egemoni i clan Cerfeda-Briganti-Pepe e il clan Rizzo.
Ma nel corso degli ultimi decenni la Sacra Corona Unita ha dimostrato di saper tessere rapporti anche con le criminalità vicine e quelle internazionali, in particolare dell’Europa dell’Est. Contatti fondati essenzialmente sul traffico di droga, di armi, tabacchi lavorati all’estero, rifiuti e merce contraffatta.
Alessio Quarta