Dopo i furti a Surbo e Cannole, pochi giorni fa è stato trafugato il menhir “Sombrino” a Supersano. Alberto Signore dell’associazione “Amici dei Menhir”: “Esiste un mercato nero di reperti archeologici usati per decorare case private”
È arrabbiato. Tanto. E non si può biasimare lo stato d’animo di chi si spende da anni per la valorizzazione del patrimonio storico-culturale del Salento. La rabbia di Alberto Signore, presidente dell’associazione “Amici dei Menhir”, è così esplosa di fronte al terzo episodio di trafugamento dei monumenti megalitici, tra le testimonianze più importanti della storia antica del Salento. Dopo i furti dei menhir di Surbo e Cannole, nei giorni scorsi è sparito il “Sombrino” (nella foto) di Supersano, monumento megalitico alto un metro e scoperto da Oreste Caroppo nel 1993, a conferma di un preoccupante fenomeno sviluppatosi nelle ultime settimane e Signore non trova spiegazioni logiche e razionali per quello che sta accadendo: “La mamma degli imbecilli è sempre incinta. Staccare un menhir dal suo contesto culturale e ambientale significa trasformarlo in una semplice pietra priva di valore; si tratta quindi di un atto stupido, folle e criminale”.
Rubare un menhir, per Signore, rappresenta un atto che in futuro si ritorcerà contro gli stessi autori del gesto: “Furti del genere non si compiono tanto nei confronti della collettività, ma nei confronti della propria progenie, dei propri nipoti e pronipoti. Privare le prossime generazioni di queste testimonianze storiche è un’azione gravissima. Non solo quindi si commette un reato che non porta nessun guadagno, perché rubandolo il menhir diventa una semplice pietra, ma si ipoteca in negativo anche il futuro dei propri figli e nipoti. Una ragione in più per definire stupidi chi si rende protagonista di questi episodi”.
La pista maggiormente seguita dagli inquirenti è quella relativa ai furti su commissione con conseguente alimentazione del mercato nero dei reperti archeologici. Alberto Signore dice la sua in merito, ipotizzando la nuova collocazione delle pietre monolitiche, o di quello che ne resta: “Il commercio dei reperti nel Salento è sempre stato tollerato. L’Università è arrivata troppo tardi e non si è resa conto che oggi c’è un’attenzione diversa nei confronti dei menhir, e così qualcuno si ritiene ancora libero di commettere questi stupidi gesti. I menhir rubati possono essere stati trasformati in una qualche pietra di sostegno e dovrebbe esserci uno sforzo da parte di tutti per individuare le case o le ville private nelle quali sono stati posti; persone dotate di una certa sensibilità in merito, come ad esempio il sottoscritto e gli altri membri della mia associazione, conosciamo i tre menhir rubati come le nostre tasche e non avremmo difficoltà a riconoscerli”.
Alberto Signore prende però di mira anche la classe dirigente salentina, colpevole di non aver mai valorizzato un immenso patrimonio ancora sconosciuto agli stessi salentini, e per questo sta realizzando una mappa GPS di tutti i menhir del Salento, destinata ai turisti e ai cittadini che vogliono entrare in contatto con la loro storia della propria terra.
Un patrimonio inestimabile, ancora non adeguatamente protetto
Servì lo sciopero della fame messo in atto dallo stesso Alberto Signore lo scorso settembre a convincere il sindaco di Cannole a mettere sottochiave il menhir “Santu Lasi”, abbattuto da una tromba d’aria nel 1995 e lasciato abbandonato per vent’anni. Il gesto di Signore mise in evidenza l’incompleta valorizzazione attuata dalle istituzioni locali dei monumenti megalitici salentini, suddivisi in 92 menhir, 35 dolmen e oltre dieci specchie. Si tratta di testimonianze storiche risalenti anche a 4mila anni fa, prima anche del complesso di Stonehenge. Non esiste, ad esempio, una cartellonistica stradale adeguata che consenta ai salentini e ai turisti di poter scoprire le numerosissime testimonianze storiche presenti nel nostro territorio.
Per l’associazione “Amici dei Menhir”, però, è tutto il patrimonio storico del Salento ad essere poco valorizzato: il tarantismo, la Grotta dei Cervi, le Veneri di Parabita, la Cripta ipogea della Cattedrale di Otranto, la Grotta Romanelli rappresentano, ad esempio, delle unicità a livello mondiale che la maggior parte dei salentini non conosce, se non semplicemente per nome. E i salentini devono prendere consapevolezza che il loro territorio ha ospitato l’uomo di Neanderthal, che ha rappresentato il punto di contatto tra Islam e Cristianesimo, che qui si sono sviluppati elementi della vita di oggi come religione, commercio, democrazia. E mentre si lancia l’idea di inserire il Salento nel patrimonio Unesco, l’associazione salentina chiede provocatoriamente che sia la stessa Unesco a chiedere il riconoscimento al Salento.
Alessandro Chizzini