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Il rifugio dei migranti

Sono circa 400 gli extracomunitari sbarcati nei giorni scorsi sulle coste del Salento, un numero che potrebbe aumentare esponenzialmente nel caso di un’escalation della crisi in Libia. Ma il nostro territorio è preparato ad accoglierli? Per scoprirlo siamo andati a vedere come vivono i 92 migranti ospiti nella Masseria del Monte a Castiglione d’Otranto, che dal 2011 rappresenta un esempio virtuoso di collaborazione tra privato, pubblico e società civile nella gestione dell’emergenza sbarchi  

 

Otranto, Tricase, San Cataldo, Torre Veneri: sono queste le mete degli sbarchi che nei giorni scorsi hanno portato sulle nostre coste circa 400 migranti, in gran parte di nazionalità siriana, pachistana e somala. Non solo Sicilia, dunque, il cui centro di prima accoglienza di Lampedusa sta pagando in questi anni il prezzo più alto di una crisi umanitaria senza precedenti. Anche il Salento sta tornando ad essere meta dei viaggi della speranza di chi non ha nulla da perdere se non la propria vita, in fuga da paesi in preda ad una guerra (in)civile come la Libia o da persecuzioni etniche o religiose come il Pakistan. 

Il drammatico naufragio al largo delle coste di Lampedusa nella notte tra il 19 e il 20 aprile ha ricordato a tutta la comunità internazionale -se mai ce ne fosse bisogno- che l’emergenza nord Africa del 2011 in realtà non è mai cessata e siamo di fronte ad un’emergenza umanitaria senza precedenti in cui l’operazione “Triton”, che ha preso il post di “Mare Nostrum”, non è sufficiente a contenere. In tutto questo il nostro territorio al pari della Sicilia di fatto è in prima linea nell’accoglienza e nell’ospitalità dei migranti, considerato anche il fatto che questa patata bollente l’Europea ce l’ha consegnata in maniera ufficiale, garantendoci risorse economiche e umane per affrontare l’emergenza ma rifiutando di fatto l’ipotesi di ospitare i migranti nei propri territori. 

E in tutto questo il Salento è pronto ad affrontare e gestire un’emergenza umanitaria che, da un momento all’altro, potrebbe far arrivare sulle nostre coste molti più migranti di quelli finora giunti in piccoli gruppi? Il nostro territorio, che per tutti gli negli ’90 è stato protagonista dell’arrivo in massa di profughi dall’Albania prima e dal Kosovo in guerra poi, in realtà non ha mai smesso di essere una “luogo di prima accoglienza”, facendo sempre la sua parte con vicende alterne. E se il Regina Pacis di San Foca è stato chiuso (e tuttora è in degrado) con il suo strascico di vicende giudiziarie che hanno visto protagonista il suo responsabile, don Cesare Lodeserto, il centro “Don Tonino Bello” di Otranto continua a lavorare a pieno regime, garantendo le operazioni di identificazione e prima accoglienza. Ma è soprattutto il centro di accoglienza temporanea Antica Masseria del Monte di Castiglione d’Otranto che dal 2011 sta dimostrando come nel nostro territorio una stretta collaborazione tra privato, pubblico e società civile può offrire un risultato ottimale in termini di qualità del servizio erogato, ma soprattutto per una migliore qualità della vita dei profughi e richiedenti asilo ospitati nella struttura. In attesa che la Comunità internazionale trovi soluzioni alternative.  

 

Masseria del Monte, l’accoglienza (e l’integrazione) che funziona

 

I requisiti stabiliti dal Ministero dell’Interno per le strutture private disposte ad ospitare temporaneamente un certo numero di immigrati trovano una completa e precisa rispondenza nell’Antica Masseria del Monte di Castiglione d’Otranto (frazione di Andrano), un virtuoso esempio di accoglienza che oggi ospita 92 uomini maggiorenni provenienti da paesi asiatici e africani coinvolti in gravi crisi politiche e sociali. Dopo la positiva esperienza del 2011, quando la struttura accolse ben 101 immigrati in fuga dalla Libia, la Masseria ha messo nuovamente a disposizione i suoi locali per offrire rifugio e protezione in questa nuova emergenza umanitaria. 

Sono quindi 92 i nuovi ospiti della masseria di Castiglione: 10 nigeriani, 4 ghanesi, 1 maliano, 2 mauritani, 1 afghano, 5 iracheni, 32 bengalesi e 37 pachistani, tutti suddivisi in due diverse strutture della masseria, non distanti tra loro, che possono ospitare rispettivamente 88 e 6 persone; per la Masseria, però, la disponibilità totale, come prevede il manuale operativo dell’accoglienza, sale a 106 posti. 

Un’esperienza, dicevamo, che dura da quattro anni, continuando a rappresentare un importante esempio di accoglienza e integrazione, come dimostrano le collaborazioni con Comune, Parrocchia e tutta la comunità di Andrano e frazioni. Ognuno dei 92 ragazzi si rende utile in qualsiasi tipo di attività collaborando con lo staff della masseria, ma anche con la possibilità di svagarsi giocando a calcio o a cricket (sport nazionale del Pakistan, ndr). Senza contare i corsi di lingua italiana, tenuti da mediatori culturali, e di avviamento al lavoro. La quasi totalità dei ragazzi è di religione musulmana e per continuare a coltivare il loro credo, la proprietà della Masseria ha messo a disposizione un loro locale inutilizzato (un ex frantoio, per l’esattezza) che gli ospiti hanno trasformato in una piccola moschea, dove vanno a pregare per quattro volte al giorno. 

Molte di queste notizie ci sono state fornite da Muhamed, da tutti conosciuto come Malek, che rappresenta un po’ il leader del gruppo. Nato in Pakistan, Malek ha 34 anni ed è in Italia da un anno e sette mesi, dopo aver trascorso undici anni in Grecia lavorando come cuoco e da dove è scappato in seguito alla grave crisi economica. Conosce un po’ la lingua italiana e quindi rappresenta un importante intermediario tra gli ospiti e la proprietà, collaborando nella gestione di alcuni aspetti burocratici riferiti ai suoi compagni e organizzando le loro giornate. La particolarità del caso di Malek è quella di essere stato assunto con contratto regolare dalla Masseria del Monte; questa è una delle opportunità previste per chi, come Malek, gode dello status della protezione sussidiaria, rilasciata a chi rischia di subire un danno grave in caso di rientro nel proprio paese. Questo è il caso del Pakistan dove, nonostante i continui attentati, non è stata riconosciuta una guerra civile vera e propria, a differenza da chi proviene dalla Libia, a cui può venir riconosciuto lo status di rifugiato.

E intanto c’è attesa tra i pachistani per l’inaugurazione a Lecce, il prossimo 2 maggio, di una sede dell’ambasciata del loro Paese (l’unica del sud Italia) e Malek ha una idea: “Vogliamo invitare l’ambasciatore pachistano a cenare con noi alla Masseria del Monte”. 

 

Alessandro Chizzini