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Tribunale di Lecce: “Il Metodo Di Bella a carico dell’Asl”

Importante sentenza del giudice Francesco Costa che obbliga l’Azienda Sanitaria a fornire gratuitamente la terapia di Bella ad una paziente salentina e a risarcirgli le spese mediche finora sostenute 

 

Forse rimarrà sempre al centro delle discussioni e continuerà a dividere la comunità medico-scientifica internazionale, ma il Metodo Di Bella (MDB) ottiene un altro importante successo. Con una sentenza dello scorso 16 gennaio, il magistrato del Tribunale di Lecce Francesco Costa ha infatti autorizzato la somministrazione gratuita a carico dell’Asl di Lecce del trattamento antitumorale del professor Luigi Di Bella (nella foto), ad una ammalata salentina. Non è la prima volta che un tribunale si esprime in questo senso, ma ciò che colpisce di questa sentenza è che il giudice ha disposto anche il rimborso integrale delle spese sostenute finora dalla ricorrente, un totale di ben 25mila euro. Secondo il parere di Costa, qualora sia provata, come nel caso in questione, l’efficacia terapeutica e l’insostituibilità della cura Di Bella rispetto alle cure  tradizionali poste a carico del Servizio Sanitario, questa terapia medica potrà essere posta a carico dello stesso Ssn.

La pronuncia è il risultato del ricorso presentato dagli avvocati Vanessa e Carlo Madaro, colui che per primo portò alla ribalta nazionale il Metodo Di Bella, quando ricopriva il ruolo di Pretore di Maglie. Era il 16 gennaio 1997 quando Madaro ordinò la fornitura gratuita della terapia ad un giovane paziente del medico bolognese, sconvolgendo le istituzioni sanitarie e politiche di tutto il Paese. Dopo la contestata bocciatura della terapia in seguito alla sperimentazione effettuata nel 1998, le luci sul MDB si spensero per molti anni, almeno fino al febbraio del 2012, quando fu il magistrato del Tribunale di Bari Maria Procoli a imporre al Sistema Sanitario Nazionale di farsi carico delle spese previste dalla terapia Di Bella a cui era sottoposto un ammalato di tumore. In quell’occasione, l’Asl impugnò la sentenza del giudice ed ebbe ragione, costringendo il paziente a ricorrere ancora alle proprie tasche per continuare a curarsi secondo le disposizioni del MDB. 

A seguire l’esempio del Tribunale di Bari, fu il giudice del lavoro de L’Aquila, Anna Maria Tracanna, che ordinò all’Asl di Avezzano Sulmona non solo di fornire gratuitamente la cura Di Bella ad un paziente, ma decretò anche il rimborso delle spese farmaceutiche effettuate dal ricorrente, la stessa strada scelta dal giudice di Lecce. In Italia sono però numerosi i giudici che si sono pronunciati a favore di Di Bella; sentenze identiche sono state emesse anche in Sicilia, Calabria, Lazio ed Emilia Romagna, regione in cui, precisamente a Bologna, Giuseppe Di Bella ha ereditato e sta portando avanti il lavoro del padre.

Il riconoscimento del Tribunale di Lecce ha colto la soddisfazione dello “Sportello dei Diritti”, il cui presidente Giovanni D’Agata si augura che questa sentenza possa dare speranza a chi non sta trovando beneficio dalle cure tradizionali.

 

La soddisfazione dei “dibelliani” arriva su Facebook 

 

La sentenza del Tribunale di Lecce è stata ripresa da molti media nazionali (non quanti ci si aspettava, però) e la sua eco non poteva non diffondersi sul web, in particolare su Facebook. Il famoso social network che di recente ha compiuto 10 anni di vita raccoglie anche il gruppo “MDB (Metodo Di Bella) dal cancro si può guarire!!!”, che da anni si impegna nella difesa della validità del discusso trattamento medico. Gli iscritti a questo gruppo hanno ovviamente preso con entusiasmo il provvedimento giudiziario: “Finalmente!!!! -si legge in uno dei post- Per curare mio padre é stato un incubo, la cura ha funzionato bene, e lui ne era entusiasta”. Molto più dettagliato, anche dal punto di vista tecnico il commento di un sostenitore del Mdb: “Di persone in remissione da tumore grazie al Metodo Di Bella ce ne sono moltissime in Italia, numerose le conosco di persona. Quando qualcuno va dal giudice, con in mano referti di strutture sanitarie pubbliche, firmati da medici non ‘dibelliani’, che documentano in maniera indiscutibile l’efficacia della cura, liberamente scelta dal malato, come si può negargli il rimborso di questi farmaci? Farmaci sulla cui efficacia antitumorale, peraltro, escono in letteratura conferme tutti i giorni. Non si può nemmeno tirare in ballo la questione del contenimento dei costi: chi si cura con il Metodo Di Bella lo fa a domicilio e fa risparmiare al Servizio Sanitario i costi di terapie enormemente più costose, incompatibili con MDB: ogni tumore curato con Metodo Di Bella è un risparmio di decine di migliaia di euro per la comunità”. 

Qualcun altro invece, seppur contento, pone dei dubbi: “Ma è logico gioire se c’è una postilla capestro? L’Asl deve sostenere la spesa solo dopo che un malato ha provato con i metodi tradizionali e non gli hanno dato benefici? Ma qui si parla di cancro, mica di raffreddori, non vorrei che te la passino dopo che sei morto e allora si che è dimostrato che la cura tradizionale non funziona”. Altri lamentano invece il silenzio dei media sui controlli della Guardia di Finanza compiuti sulla fallimentare sperimentazione del 1998, da sempre contestata dai “dibelliani”. Una cosa è certa: del Mdb si continuerà ancora a parlare. 

 

Alessandro Chizzini