Il segretario regionale del Partito Democretico, Sergio Blasi, presenta il programma della sua coalizione e sottolinea come il suo partito sarà l’unico a portare a Roma in entrambe le Camere dei parlamentari salentini
Sergio Blasi è il segretario regionale del Pd pugliese. Ha lavorato in questi anni alla costruzione di un progetto politico che sia in grado di portare il centrosinistra pugliese fuori da una prospettiva leaderistica riportando al centro della scena la comunità politica fatta di tante persone che, insieme, restituiscano senso alla parola “partito”. La Puglia è stata la regione nella quale le liste del Pd sono composte esclusivamente da candidati espressione del territorio, scelti con le primarie, ai quali sono stati affiancati prestigiosi nomi della società civile.
Segretario Blasi, quale è il valore aggiunto che il Partito Democratico porterà in Parlamento, per ciò che riguarda le istanze del Salento?
Bisogna partire da un dato: il Pd sarà l’unico partito a portare a Roma in entrambe le Camere dei parlamentari salentini. Saranno almeno cinque, tre alla Camera e due al Senato. Gli altri partiti, a cominciare dal Pdl, non eleggeranno salentini, fatta eccezione per l’ex ministro Fitto, candidato alla Camera. Questo dimostra quanto il nostro partito abbia scelto di puntare sul Salento come comunità da tutelare. Si tratta di una squadra vincente, che gli elettori hanno selezionato con le primarie del 30 dicembre scorso. Grazie alle primarie siamo riusciti a restituire ai cittadini la scelta dei propri rappresentanti.
Quanto è importante il Mezzogiorno nei progetti del Partito Democratico?
Sono sicuro che il Sud non è un problema per l’Italia. Casomai è la soluzione ai problemi. È impossibile immaginare una ripresa economica che non parta dalla messa a frutto delle potenzialità del Mezzogiorno d’Italia che il centrodestra al governo non è riuscito a valorizzare. Sentir parlare di Sud, addirittura di “grande Sud” da chi si allea con la Lega Nord è semplicemente scandaloso.
Cosa farete, in concreto, per il Sud?
Proprio questo territorio, il Salento, è riuscito a dare la dimostrazione di quanto la cultura popolare possa portare sviluppo, turismo e lavoro. Accanto a questo bisogna contrastare con forza la desertificazione del nostro comparto manifatturiero indirizzando le energie imprenditoriali verso settori che hanno un futuro. L’agroalimentare, certo. Ma anche il manifatturiero industriale al servizio della filiera delle rinnovabili. Dobbiamo specializzarci, essere il traino dello sviluppo dell’intera area mediterranea.
Il Pd esprime nelle sue liste anche candidati della società civile che si confronteranno per la prima volta con la politica.
Nella nostra regione non ci sono state blindature dall’alto. Anche i candidati della società civile sono nati da proposte che venivano dal territorio. Faccio tre nomi, Franco Cassano, Massimo Bray e Corrado Petrocelli. Uno è il più importante tra gli intellettuali meridionalisti del panorama culturale italiano. L’altro è il direttore dell’Enciclopedia Italiana Treccani. Il terzo è il rettore dell’Università di Bari. Portando nomi di questo spessore a rappresentare la Puglia nel prossimo Parlamento credo di aver reso un ottimo servizio alla mia terra puntando su una selezione severa tra le migliori espressioni della società civile. Per me è un onore presentarli come candidati del Pd in Puglia.
Quale è l’emergenza principale che il nuovo governo dovrà affrontare?
Il lavoro. È questo il tema centrale dell’agenda politica dei prossimi anni. Innanzitutto dobbiamo combattere la precarietà. Un’ora di lavoro precario deve costare più di un’ora di lavoro stabile. Per incentivare l’occupazione fissa e restituire al lavoro temporaneo la sua funzione. Poi bisogna far ripartire il paese, rimettere in moto l’economia. Bersani ha idee chiare su questo. Tra i primi provvedimenti che il prossimo governo prenderà ci sarà la ristrutturazione di scuole e ospedali. Una operazione da 7,5 miliardi di euro che consentirà di ristrutturare il patrimonio edilizio a servizio dell’istruzione e della sanità e di dare respiro al settore dell’edilizia. E poi lo stato deve pagare i suoi debiti verso le aziende. A questo proposito il governo che Bersani presiederà restituirà 10 miliardi di euro l’anno, per cinque anni, alle imprese che hanno crediti nei confronti delle pubbliche amministrazioni, finanziandosi con l’emissione di titoli di stato.
Resta però una pressione fiscale asfissiante sulle famiglie e sulle imprese. Quali sono i programmi del Pd su questo fronte?
Il programma del Pd per ciò che riguarda la pressione fiscale riprende il principio costituzionale della progressività. In parole semplici, chi ha di più deve dare di più. Il secondo punto fermo riguarda l’atteggiamento che una classe dirigente deve avere verso gli elettori. Noi non raccontiamo favole. Non preannunciamo pagamenti in contanti per cercare di comprare la buona fede degli elettori con l’obiettivo di ingannarli. Bersani ha impegnato la nostra coalizione, una volta al governo, sulla rimodulazione dell’Imu in senso progressivo, esentando dal pagamento dell’imposta i cittadini con reddito inferiore e andando a colpire i patrimoni dei più ricchi.
E la tassazione sulle imprese?
Le imprese vanno aiutate attraverso la leva fiscale a investire nei lavoratori e nell’innovazione. È giusto detassare gli utili che vengono reinvestiti in impresa per migliorare i processi produttivi, i prodotti, e per assumere i giovani e le donne. Quindi detassare chi investe, chi lavora, chi produce e casomai insistere sulle rendite finanziare, sui patrimoni improduttivi.
Secondo molti osservatori il centrosinistra per governare avrà bisogno di allearsi con il centro di Monti. Come considera questa alternativa? Non rischiate di perdere l’alleanza con Vendola?
Non credo ai calcoli che si fanno senza l’oste, in questo caso gli elettori. A urne chiuse conosceremo la composizione del Parlamento. L’alleanza con Sel è forte e basata su un progetto comune che dopo le elezioni sarà più saldo che mai. Un progetto guidato dal Pd che è la sintesi delle due migliori tradizioni politiche riformiste italiane e che guarda alla prospettiva del socialismo europeo. Noi abbiamo una visione del futuro, al contrario dei demagoghi come Grillo, che non parlano mai di futuro perché, semplicemente, sono incapaci di esprimere un “pensiero lungo”. Grillo lavora solo sulla pancia e sugli istinti delle persone, raccogliendone l’insoddisfazione e trasformandola in sterile protesta. La differenza tra Grillo e il Pd è che Grillo lavora per distruggere, il Pd per costruire un’Italia e un’Europa più giuste.