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720 giganti buoni a rischio

A Lequile si scrive un nuovo capitolo della lunga saga contro le distese di ulivi ultrasecolari:  l’Amministrazione comunale intende espiantare oltre 700 alberi per far posto ai nuovi capannoni in cemento della zona artigianale. Il tutto nonostante la Legge regionale n. 14/2007, che protegge gli ulivi monumentali e che qualcuno ha però proposto di modificare
 
Non bastava la green energy che, sotto forma di impianti fotovoltaici ed eolici e dietro la promessa di un’energia pulita, costituisce una costante minaccia alla produzione agricola ed allo scempio selvaggio del territorio. Ora ci si mettono anche le risorse “endogene”, quelle della politica locale, per intenderci ed essere chiari. La decisione della Giunta comunale di Lequile di procedere all’allargamento della zona artigianale cittadina a discapito un vasto terreno ulivetato, da “locale” è diventata “glocale”, diffusa a misura di web nel breve volgere di pochi clic, di una decina di link e di qualche ora. Insomma, la faccenda da comunale è diventata regionale, perché da più parti si cerca di difendere circa mille alberi di ulivo, di cui diversi anche monumentali ed ultracentenari. Ettari ed ettari di macchia verde che, in un lampo potrebbero sparire per far posto a capannoni industriali e nuove attività produttive. 
La decisione della Giunta comunale “cavalca” una subdola falla della legge regionale che regola gli espianti degli ulivi in Puglia, permessi infatti nel caso in cui la distesa ulivetata “presa di mira” (come nel caso di specie) non sia stata precedentemente censita negli albi custoditi dall’apposita Commissione regionale che decide in materia. 
Questione numero uno. Gli ambientalisti sostengono che l’attuale zona industriale di Lequile “è già cospicua” e che al suo interno ospiterebbe molti lotti ancora non assegnati. Questione numero due. La levata di scudi è a 360 gradi, ed ha finito per coinvolgere direttamente anche il presidente degli industriali del Salento, Piernicola Leone De Castris (ovvero il massimo esponente della categoria che dell’allargamento dell’area produttiva di Lequile dovrebbe trarre vantaggio). De Castris invita gli amministratori del Comune di Lequile a rivedere del piano edilizio, evitando di posizionare le industrie in aree dove già ci sono colture pregiate. Insomma la strada da percorre dovrebbe essere alternativa e meno invadente rispetto alla tutela dell’ambiente.
La posizione del sindaco di Lequile, Antonio Caiaffa, e della sua maggioranza è comunque altrettanto nota. Una ventina di anni fa la Regione approvò un progetto per l’allargamento della zona industriale, prevedendo una variante allo strumento urbanistico. Da tempo circa 33 aziende attendono di avviare le proprie attività produttive, ma nel Comparto 1 già esistente, come sottolinea la Giunta nel dispositivo, non c’è più posto. Inevitabile la ricerca di una nuova area contigua alla prima per evitare l’allargamento a macchia di leopardo e per dare la possibilità agli imprenditori in attesa di costruire i nuovi opifici. 
In attesa della decisione della commissione regionale (che sul posto ha già effettuato un sopralluogo e sarebbe in dirittura d’arrivo per far conoscere il proprio parere), amministratori locali, associazioni ambientaliste e cittadini restano con il fiato sospeso. E tra i tanti appelli, segnaliamo quello di Giulio Serafino del Movimento Giovanile Regione Salento. “I cittadini di Lequile -afferma Serafino- chiedono trasparenza nella gestione della vicenda che molte perplessità fa sorgere. Ci si aspetta un passo indietro da parte del governo cittadino, ancora silente sulla questione”. 
 
 
Dal Coordinamento civico apartitico per la Tutela del Territorio ed il Forum Ambiente e Salute un deciso no all’ennesima strage dei “patriarchi verdi”  
 
“Mentre in tutto il mondo si parla di salvare alberi e foreste, a Lequile si profila una strage per circa mille innocenti nonni argentei. Forse Lequile è in un altro mondo?! O forse è solo pazzia!”. Pensieri e parole sono del Coordinamento Civico apartitico per la Tutela del Territorio e della Salute del Cittadino e del Forum Ambiente e Salute del Grande Salento (per le province di Lecce. Brindisi e Taranto). Una frase immediata e diretta, senza giri di parole per denunciare l’ennesima “strage dei giganti buoni” e per gridare un appello urgente al presidente della regione Nichi Vendola, all’assessori Dario Stefàno, Angela Barbanente e Lorenzo Nicastro. 
“Chiediamo che tali vili ed infami autorizzazioni, invise ai cittadini, non siano concesse -scrivono i rappresentanti delle associazioni firmatarie della denuncia/appello-. Un’ulteriore concessione di queste autorizzazioni mostrerebbe tutta la vacuità ed inutilità di una Commissione, quella regionale per la valutazione delle domande di espianto di ulivi, che si dimostrerebbe senza più alcun ombra di dubbio come una commissione fantoccio, una pura voce inutile di spesa dello Stato italiano. No dunque a questa ‘strage degli innocenti’, no alla strage dei ‘giganti buoni’ -continuano dalle due associazioni ambientaliste-. La Commissione dia parere negativo”. 
Nel comunicato le associazioni fanno riferimento a situazioni analoghe già verificatesi in passato in altri comuni della nostra provincia: “Dopo gli orrori di Carpignano Salentino, un altro orrore sarebbe intollerabile e getterebbe una torbida buia luce sulla commissione tutta. Dimostri invece la commissione con il suo diniego che la pianificazione territoriale, alla luce della Legge di tutela degli ulivi n. 14/07, deve esser fatta, agendo laddove necessario (anche con effetto retroattivo ed invitando a nuove pianificazioni), tenendo conto già a monte delle peculiarità agronomiche e paesaggistiche del territorio. Dimostri la preposta commissione che è ora di dire stop al consumo di suolo e stop allo sterminio degli uliveti, dopo la oscura defaillance di Carpignano, dove 4 ettari di uliveto con migliaia di ulivi (di cui 140 monumentali e ultra centenari) sono stati sradicati su autorizzazione regionale di questa Commissione dell’Assessorato all’Agricoltura, per lasciar posto ai pannelli fotovoltaici industriali in pura zona agricola!. Così avviene per la costruzione di nuove strade ridondanti, per cui si è pronti a dare pareri positivi sotto spesso discutibilissime, quando non palesemente false e strumentali, ragioni di dichiarata pubblica utilità. La vera utilità -conclude l’appello- è purtroppo molte volte la speculazione, per il beneficio di pochi, del cemento, dell’asfalto, delle energie rinnovabili, ed il danno di tutti”.

Daniele Greco