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Olio amaro

L’olivicoltura salentina attraversa forse il periodo più nero della sua storia. Alla caduta del prezzo del prodotto e alle sofisticazioni, che continuano a intaccare la qualità dei prodotti nostrani, si aggiunge ora la “lebbra degli ulivi”, malattia che non sta risparmiando le colture rendendo persino inutile la raccolta delle stesse olive. Intanto dalla Regione Puglia arrivano regole più severe contro fotovoltaico ed eolico selvaggio nelle nostre campagne
 
L’olio è in crisi. L’oro giallo, patrimonio della tradizione pugliese e salentina, non tira più sui mercati. Le conseguenze più immediate sono la svalutazione di un prodotto unanimemente riconosciuto e apprezzato per qualità e requisiti e la riconversione dei campi in attività più redditizie a discapito del patrimonio secolare degli alberi d’olivo. Il settore olivicolo è ormai in grave difficoltà sia sul mercato interno sia su quello internazionale, mettendo a rischio la sopravvivenza degli operatori del settore, uno dei più vivaci, fino a qualche anno fa, dell’economia salentina. 
Per cercare di porre rimedio ad una crisi che parte da lontano, la Provincia di Lecce ha convocato qualche giorno fa un tavolo per definire strategie e rimedi immediati con i rappresentanti dei consorzi e delle associazioni del settore. Al centro del dibattito, quello che sta accadendo nel settore: gli agricoltori salentini non hanno più motivazioni né stimoli neanche per raccogliere le olive dagli alberi. Il problema è da tempo segnalato dalla Coldiretti che ha lanciato l’allarme per le 60mila aziende olivicole salentine che occupano nel totale circa 200mila persone: “È la crisi della nostra olivicoltura, che ormai si trascina da diverso tempo e che ha visto dimezzare, negli ultimi 5 anni, i redditi delle imprese agricole interessate a questa coltivazione. I prezzi attuali sia delle olive che dell’olio stanno peraltro scoraggiando la raccolta, visto che non si riescono a  coprire neppure i costi di produzione, con gravi ripercussioni, ovviamente, anche sull’occupazione della manodopera”. 
Il prezzo dell’olio salentino cala senza soste da almeno 10 anni anche perché esiste una concorrenza difficilmente contrastabile che permette di vendere nella grande distribuzione di tutta Italia olio extravergine a meno di 2 euro al litro, senza che il prodotto sia lontanamente paragonabile alle produzioni nostrane: al più si tratta di olio di altri paesi di pessima qualità e di odore sgradevole trattato chimicamente. Una sofisticazione che ha il suo culmine con l’aggiunta di minime quantità di olio locale per farlo passare come prodotto nazionale di qualità. All’incontro in Provincia hanno preso parte dal presidente Antonio Gabellone assieme agli assessori provinciali, Francesco Pacella, delegato per il comparto agricolo, e Salvatore Perrone, referente per le Attività produttive. “Vogliamo vedere chiaro sulla crisi del comparto olivicolo -ha dichiarato il presidente Gabellone-. Questo tavolo è propedeutico ad un Consiglio provinciale monotematico in cui analizzeremo le cause e ricercheremo dei percorsi virtuosi che possano portare alla soluzione dei problemi. Sono certo che da questo lavoro verrà fuori una proposta snella e condivisa che possa aiutarci nel nostro intento”. Da parte dell’assessore Pacella invece è giunto un appello alla coesione: “Il comparto deve parlare con un’unica voce, bisogna aggregare enti ed associazioni di categoria per risolvere la crisi. La Provincia ha un ruolo marginale che, però, a livello territoriale può essere importante per fare in modo che l’intero comparto parli con una sola voce. Questo tavolo è stato utile per approfondire le problematiche e giungere ad un documento programmatico in cui siano fissate le politiche del futuro, in particolare con riferimento al Programma Agricolo Comunitario. Non ci sono bacchette magiche, dobbiamo sforzarci di trovare il giusto equilibrio tra un’agricoltura che rispetti il territorio e che, contemporaneamente, aiuti ad uscire dalla crisi. Questo si potrà ottenere qualificando il prodotto, migliorando i servizi legati al comparto, il turismo agricolo, la difesa del paesaggio, il coinvolgimento delle nuove generazioni che devono essere stimolate ad investire in questo settore”. 
Tra le iniziative analizzate dal dibattito in Provincia la possibilità di promuovere impianti a biomasse di piccola taglia che consentano alle imprese agricole di entrare nel circuito di energie rinnovabili e non più legate solo ad un percorso di tipo industriale.