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“De Bello Sallentino”

272 a.C.: inizia la campagna militare di Roma volta alla conquista della Terra d’Otranto, dove i Messapi oppongono una strenua resistenza
 
L’impossibilità di continuare una guerra ad armi pari con la potenza militare romana, costrinse Pirro ad abbandonare gli alleati Tarantini e Messapi, che, quasi del tutto privi di esercito e di alleanze, furono lasciati alla mercé delle legioni repubblicane. 
Nel 275 a.C. Pirro, dopo la disastrosa battaglia di Maleventum, durante la quale i 20mila legionari di Manlio Curio Dentato tennero testa ai 40mila Epiroti ed alleati, lasciò definitivamente la Puglia e marciò alla volta della Sicilia cercando nuovi trionfi. I Messapi, temendo l’inevitabile rappresaglia romana, si erano prudentemente ritirati dalla lega con Pirro, confidando nella clementia dei conquistatori Romani, ma la sorte dell’Apulia era purtroppo segnata. 
Nel 272 a.C. le legioni dei consoli Spurio Carvilio e Lucio Papirio Cursore entrarono a Taranto, abbatterono le mura, imposero un tributo di guerra ai cittadini e installarono un presidio militare. In seguito, la vana speranza di un periodo di pace per l’Italia venne disillusa dall’arrivo nel Salento, nel 269 a.C. delle legioni romane. 
 
La campagna militare nel Salento
 
Ultimi tra gli alleati di Taranto che si erano sollevati contro Roma erano rimasti i Messapi, i quali, soli, resistevano in tutta la Penisola alla dominazione romana. Un’oasi di indipendenza in un’Italia del tutto sottomessa alle aquile legionarie, ultimo tra i popoli italici che non aveva ceduto alla forza delle legioni ed all’abilità della diplomazia romana.
Dopo due anni di battaglie sanguinose, i consoli M. Atilio e L. Giulio riuscirono a strappare un trionfo effimero contro i coraggiosi Messapi. Ma ciò non fu sufficiente a piegare l’accanita resistenza di questo popolo fiero. Altre legioni vennero inviate nel Salento e solo l’anno seguente, sotto il consolato di M. Fabio e D. Giunio i salentini dovettero definitivamente capitolare, dopo che molte città, tra le quali Muro Leccese, vennero letteralmente rase al suolo. Nel 267 a.C. i Romani dovettero ricorrere alla dea silvestre Pale, al fine di ottenere l’intercessione degli antichi dei per sconfiggere i valorosi messapi, consacrando il console Marco Regolo un tempio alla divinità. 
Il motivo di tanto spreco di energie nel conquistare il piccolo Salento non era tanto quello punitivo, ma quello del controllo dei porti messapici Gallipoli, Otranto e soprattutto Brindisi, che sarebbero serviti ai Romani come punto d’appoggio nella prospettiva delle conquiste mediterranee, prospettiva che si faceva sempre più concreta, essendo riuscito un popolo di pastori del Lazio ad impadronirsi in meno di due secoli, dell’intera Italia. La Messapia avrebbe potuto inoltre costituire una pericolosa testa di ponte strategica per eventuali desideri espansionistici di condottieri ed avventurieri provenienti dai Balcani e dalla Grecia.
I Romani calcarono la mano nella spedizione punitiva, distruggendo le mura delle città ed imponendo ai Messapi l’obbligo di fornire a Roma un contingente permanente di 50mila soldati e di 6mila cavalieri. È singolare il fatto che le fonti storiche romane non trattino per nulla di questa campagna militare, fornendovi solo un accenno nei fasti triumphales, e purtroppo dell’unico testo che avrebbe potuto fornire informazioni più dettagliate, ossia gli annales del leccese Quinto Ennio, non sono rimasti che pochi frammenti, in particolare di quel VI libro che tratta proprio delle guerre pirriche e della conquista del Salento. Eppure, la campagna salentina impegnò Roma per oltre due anni e diverse legioni vennero impiegate per poter venire a capo di una guerra che non sfociava mai in una battaglia campale risolutiva, nella quale, del resto, l’organizzazione militare romana avrebbe sicuramente avuto la meglio, ma che dovette evidentemente parcellizzarsi in una miriade di piccoli ed estenuanti scontri di guerriglia, di assedi a villaggi, di rappresaglie.
 
I Messapi capitolano
 
La Messapia, oramai soggiogata, entrava a far parte della Secunda Regio Apulia, condividendo con le altre popolazioni Pugliesi lo stato di socia di Roma, e per di più subiecta, ossia sottomessa con le armi e quindi immeritevole di un trattamento paritario con il populus romanus. Nel 264 a.C. il più terribile dei nemici, però, iniziò a far vacillare l’appena conseguita egemonia italica di Roma: i Cartaginesi diedero inizio infatti alla prima guerra punica, configurando il primo vero e proprio scontro di civiltà che la giovane Repubblica romana dovette affrontare. La guerra si svolse prevalentemente tra la Sicilia ed il Mar Mediterraneo, e la fedeltà dei Messapi ai patti con Roma non fu messa alla prova come lo era stato per le guerre pirriche. 
La prima guerra punica segnò per Roma una vittoria importantissima, non tanto per l’acquisto della ricchissima Sicilia, quanto per l’acquisito controllo delle rotte commerciali mediterranee, che costituirono il cardine economico attorno al quale Roma costituì la forza del suo Impero. 
Molto presto, però, una nuova terribile guerra avrebbe coinvolto l’Apulia ed il Salento, e le scelte in essa compiute dai capi dei villaggi messapici segnarono per sempre la storia e la civilizzazione della penisola salentina. 
 
Vincenzo Scarpello