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“Lu Tidoru te Caddhripuli”

Tradizione vuole che “lu Tidoru”, la maschera tipica del carnevale di Gallipoli, il più antico e prestigioso del Salento, rappresenti un giovane soldato gallipolino, condannato a restare lontano dalle accoglienti terre della “Città Bella” proprio nel periodo in cui a Gallipoli si celebrava il Carnevale. Un periodo, quello dei “Saturnali”, di abbondanza nel cibo e soprattutto nelle carni, prima che l’avvento della Quaresima destinasse nuovamente la vita alla penitenza ed all’astinenza. Le preghiere della madre in lacrime (la vecchia “Caremma”) furono esaudite e “lu Tidoru” (versione dialettale del nome proprio Teodoro) ebbe dai suoi superiori due giorni di permesso-licenza per trascorre il carnevale vicino alla famiglia ed a cotanta abbondanza. I due gironi di festa, sollazzi e baldoria diventarono per la storia e per la leggenda “i giurni te la vecchia”, ma per Tidoru furono fatali. Il martedì grasso, ultimo giorno di Carnevale, per festeggiare il felice ritorno tra la sua gente e tra le braccia della madre che tanto aveva pregato per rivederlo contento e festoso, il giovane si abbuffò di ogni cibo che gli capitò sotto tiro ed ingurgitò tante di quelle gozzoviglie da rimanere, alla fine, strozzato da quintali e quintali di salsicce e “purpette” al sugo.
Da qui la rappresentazione goliardica del funerale che ogni anno apre la sfilata dei gruppi e dei carri del carnevale gallipolino. A perenne memoria di una festa finita in tragedia per avidità e cupidigia.

 

Daniele Greco