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Gli studenti a difesa dell’ateneo leccese

Durante l’inaugurazione dell’anno accademico le associazioni studentesche hanno espresso preoccupazione al presidente della Camera Gianfranco Fini, per le sorti dell’Università del Salento che rischia di essere fortemente ridimensionata

 

Nella documentazione fatta pervenire dalle associazioni studentesche Udu, Salento Università e La sveglia, deluse dai tagli della riforma del ministro Maria Stella Gelmini e sottoscritto insieme al sindacato dei docenti Flc della Cgil con l’appoggio anche della Cisl, al presidente della Camera, Gianfranco Fini durante l’inaugurazione dell’anno accademico il 3 dicembre scorso a Brindisi, ci sono tutte le preoccupazioni per la sorte dell’ateneo salentino. “Questa relazione vuole portare all’attenzione del Presidente della Camera la drammatica crisi in cui versa l’intero sistema universitario nazionale, e in particolar modo un ateneo come il nostro, inevitabilmente destinato alla marginalità e, forse, alla scomparsa, per effetto dei provvedimenti legislativi adottati da questo Governo, a partire dalla Legge 133/08. I tagli pluriennali ai già scarni bilanci degli atenei e la possibilità/necessità offerta loro di trasformarsi in fondazioni di diritto privato sono stati due dei tratti caratterizzanti la Legge 133. Il nostro paese ha così scelto di tagliare anziché puntare su formazione, ricerca e diritto allo studio per uscire da un crisi economica e sociale sempre più pesante per le fasce più deboli della popolazione, come i giovani studenti. Una manovra imponente come la legge numero 133 può essere considerata il più grave attentato al carattere pubblico dell’Università nella storia della nostra Repubblica”.
Secondo i portavoce delle associazioni studentesche, la qualità della didattica e dei servizi destinati agli studenti è inaccettabile se confrontata con la contribuzione studentesca. Le risorse erogate ai dipartimenti sono state ridotte all’osso, con il risultato di avere un’Università che, di fatto, non fa più ricerca. In questo contesto già drammatico, gli iniqui criteri di ripartizione del 7% del Fondo di finanziamento ordinario con la celebrazione dei presunti “atenei virtuosi”, hanno rappresentato un’ulteriore umiliazione per le tante Università del Mezzogiorno, tra cui la nostra, che, con enormi difficoltà e molta dignità, stanno cercando di mantenere viva la speranza di un’Istituzione universitaria attiva nel territorio, che possa essere volano di crescita culturale e di sviluppo socio-economico per le aree più depresse e dimenticate del nostro Paese. Il Consiglio d’Amministrazione non stabilirà più autonomamente tutto ciò che riguarda il bilancio, le risorse dell’ateneo e tutte le questioni attinenti a didattica e ricerca. Ogni scelta sarà fatta non in ottica di un miglioramento della didattica, ma tenendo conto esclusivamente di esigenze di profitto. La rappresentanza studentesca verrà drasticamente ridimensionata.
“La nostra protesta -sottolineano le associazioni studentesche- vuole evidenziare ancora quanto il ritrarsi dello Stato dalla sua funzione di garante della qualità della conoscenza e dell’unitarietà del sistema,affidando a logiche di mercato e di impresa la sopravvivenza dell’Università, ricadrà rovinosamente anche sui giovani e sulle loro opportunità di vita. La nostra regione è ancora tra le ultime in Italia in tema di copertura di borse di studio. Le residenze universitarie delle due capoluoghi, Lecce e Brindisi, offrono poche centinaia di posti letto a fronte di diverse migliaia di studenti fuori sede. Mettere sotto scacco il carattere pubblico della formazione significa minare le basi della nostra società. Per noi che consideriamo il mondo della conoscenza il motore primo del progresso culturale e sociale del Paese, l’attacco che gli è stato portato è un attacco al patrimonio collettivo, cioè quello che lo Stato dovrebbe impegnarsi a tutelare. Ma non solo per ragioni economiche. Il sistema universitario è uno degli ultimi argini al diritto costituzionale e inalienabile dell’uguaglianza fra le persone, indipendentemente dalla propria condizione sociale, e della libera espressione della propria personalità. Attaccare questa istituzione significa mettere sotto scacco l’intero impianto dei diritti che rendono l’Italia un paese in cui, almeno formalmente, ognuno può raggiungere i più alti livelli di istruzione e mutare la propria originaria condizione sociale”.
Per il Salento, l’Università è un punto di riferimento socio-culturale imprescindibile. Elemento fondamentale per un crescita culturale ed economica del territorio e delle sue giovani generazioni. “Per quanto sopra espresso -conclude il documento- è necessario un intervento affinché: siano ristabilite le risorse necessarie per il finanziamento ordinario delle Università italiane, tagliate con la Legge 133/08, come primo passo per una riforma strutturale e partecipata dell’Università italiana; si modifichino i criteri di valutazione nella ripartizione del 7% del Fondo finanziario ordinario tenendo conto delle peculiarità e delle difficoltà occupazionali delle realtà territoriali meridionali;  si ritiri il decreto legge sulla Governance che prefigura una gestione accentrata ed elitaria delle Università nelle mani di organi ristretti con una forte torsione aziendalistica vengano destinate nuove risorse alle Regioni per investimenti strutturali in materia di Diritto allo Studio, con l’obbiettivo di giungere, nel più breve tempo possibile, ad una copertura integrale delle Borse di Studio e di procedere ad una sensibile aumento delle residenze pubbliche; si apra un confronto sul reclutamento dei giovani ricercatori e la carriera dei docenti, che abbia al centro l’equità e la trasparenza dei meccanismi, oltre ad un messaggio di speranza per giovani e precari. si stanzino le risorse necessarie per il rinnovo dei contratti”.