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Un benessere con le mani legate

Lecce è la quartultima provincia d’Italia per libertà economica: questo il risultato scioccante di una ricerca pubblicata sul “Corriere della Sera”. Molti sono i punti di debolezza del nostro sistema economico, che penalizza chiunque voglia fare impresa nel territorio.
Nonostante tutto, secondo “Il Sole 24Ore” il Salento risulta essere una dei posti in cui si vive meglio in Italia, grazie ad un alto livello di “Benessere Interno Lordo”

 

“Abbiamo sempre investito nella qualità, per oltre vent’anni. Non è bastato. È caduto il Muro di Berlino e il Governo tedesco ha obbligato i suoi imprenditori a riportare la produzione in quella che era la Germania dell’Est. Poi si sono aperti i mercati e Cina ed India hanno sbaragliato la concorrenza, con il loro sottosalario. Ma quando pure, con il nostro lavoro qualificato, abbiamo convinto i grandi marchi del made in Italy ad investire qui, i problemi non sono finiti. Certo, molte delle firme più rinomate del tessile italiano si sono affacciate in queste contrade. Ma la nostra competenza non è bastata a colmare le lacune di un territorio che di infrastrutturazione vera non ha mai sentito parlare”.
Non lascia spazio a molti altri ragionamenti l’analisi lucida e amara che fa la signora Gianna, lavoratrice di una cooperativa sociale che per anni si è occupata di tagliare, cucire e rimagliare i bei vestiti poi esposti nelle vetrine dei negozi più prestigiosi. Erano in 22 a lavorare, in un laboratorio tessile del sud Salento. Poi, a partire dal 2006, l’opificio ha chiuso i battenti. Questa è solo una delle tante testimonianze che raccogliamo tra i lavoratori ed ex lavoratori salentini. Ognuno col proprio vissuto, col proprio carico di speranze disattese. Ognuno con la propria inconfutabile radiografia di chi la crisi economica la vive sulla propria pelle, stringendo i denti anche contro chi, spudoratamente, afferma che non esista. Esiste eccome. E non servono poi tanti economisti a confermarlo. Ma c’è pure la voglia di ricominciare. Qui, in questa terra a cui è stato tolto molto, a cui è stato dato pochissimo, che cerca però di ridarsi ad ogni costo una spinta di reni.
Non è facile. Non lo è soprattutto quando alle percezioni economiche dei lavoratori si aggiungono le analisi, ancora più impietose, fatte da studi competenti. L’ultimo documento è la ricerca sulla libertà economica delle province d’Italia condotta dal Centro Studi Sintesi di Mestre. Una classifica che si rivela specchio sincero della realtà locale. Lecce è la quartultima provincia italiana, la centesima, dopo Taranto, Siracusa, Caltanissetta e Caserta. Davanti solo a Palermo, Crotone e Napoli, territori macchiati da tempo dalla mano della criminalità organizzata. Quartultima, si diceva, per potenzialità di sviluppo e di benessere. La lettura a 360 gradi del nostro sistema economico la classifica come “non libera”, sulla base di un calcolo che poggia su sei parametri di giudizio. “La metodologia adottata- spiegano gli analisti del Centro Studi- si ispira a quella utilizzata dalla prestigiosa fondazione statunitense Heritage nel suo annuale rapporto sulla libertà economica in tutti i Paesi del mondo (Index of Economic Freedom). L’indice di libertà economica è il risultato di una commistione di 37 indicatori di varia natura raggruppati in sei aree macrotematiche: economia, lavoro, contesto sociale, finanza, fisco e finanza pubblica. Quanto più un territorio fornisce dei segnali di dinamicità, tanto più in essa l’iniziativa privata si concretizza, assegnando quindi l’attributo di area economicamente libera”. In parole povere, chi qui vuole intraprendere attività imprenditoriale si ritrova con le mani legate. Ad affossare le speranze sono gli indicatori del reddito pro-capite, della dotazione infrastrutturale e della capacità di interazione commerciale con l’estero. Certo, la maggiore presenza di giovani e il miglior indice relativo al ricambio occupazionale sono gli elementi di forza del contesto sociale di tutta l’Italia Meridionale. Peccato, però, che i nostri ragazzi continuino ad essere costretti a sognare l’altrove di sempre. 

 

Tiziana Colluto