Parte tra pochi giorni il nuovo anno scolastico e, tra le principali conseguenze dell’applicazione della riforma Gelmini, pesano i consistenti tagli al personale docente, tecnico e amministrativo.
Alle proteste dei sindacati si uniscono le dichiarazioni dei dirigenti scolastici che, pur lamentando la situazione di disagio che verrà causata dai tagli economici, riconoscono però alcuni aspetti positivi della riforma
La riforma (o regolamento Gelmini) nella scuola primaria e secondaria è già realtà. Dopo la discussione politica, lo scontro tra governo e sindacati e l’ansia dei precari, ricacciati nel girone infernale dell’attesa, settembre fotografa una situazione di fatto mutata.
“Quest’anno il personale precario non lavorerà, ci sono state pochissime immissioni in ruolo -ci spiega la segretaria provinciale della Cgil-Flc (Federazione Lavoratori della Conoscenza), Caterina Panareo- le supplenze sono quasi azzerate in provincia di Lecce, ed è così un po’ ovunque tranne in alcune zone del nord Italia. La beffa più grande è quella subita dal personale appena entrato in ruolo nella scuola primaria: ci sono persone che dopo anni di attesa, invece di avere la cattedra, si trovano a dover restare a totale disposizione della scuola e dopo tanta fatica, ora tornano alle supplenze. Una volta questo succedeva solo in alcune classi di concorso degli istituti scolastici superiori, ma nella primaria è la prima volta dopo vent’anni che questo accade”.
L’ottica di razionalizzazione delle spese ha dunque colpito duro ma, secondo il sindacato non ha prodotto i risultati sperati. “La scelta di adottare il maestro unico -continua la Panareo- ha tagliato posti di lavoro, ma quel personale oggi va pagato ugualmente. Nonostante i passaggi di ruolo e gli altri utilizzi, i posti dimezzati si fanno sentire. In Provincia di Lecce ci sono almeno 30 unità che sono totalmente in esubero. Gli altri, quelli che avanzavano nella scuola primaria, dove è addirittura capitato che insegnanti dall’anno scorso in ruolo non abbiano poi trovato la sede dove andare ad insegnare, perché chiusa dagli accorpamenti, sono stati utilizzati in altre classi di concorso di medie e superiore, con un conseguente effetto domino sulle graduatorie in quel tipo di scuole”.
Secondo il sindacato i danni non riguardano solo i lavoratori ma colpiscono anche le famiglie. “Noi abbiamo notizia della situazione di Gagliano del Capo, dove i genitori si sono resi conto della riduzione dell’orario e ora stanno protestando. Situazioni analoghe non tarderanno a verificarsi altrove. Poi c’è la qualità del servizio che, ovviamente, ne risente. Accanto al taglio del personale docente dobbiamo considerare non meno grave quello del personale non docente, i cosiddetti Ata. Nella nostra provincia quest’anno ne abbiamo persi circa 200”. Un gruppo di loro, rimasti fuori dalle nomine per supplenza, sono l’infuocata punta di lancia di una protesta più allargata che porterà al presidio di questo venerdì di fronte alla Prefettura di Lecce. “Tagliare gli Ata -spiega ancora Caterina Panareo- significa peggiorare il funzionamento stesso della scuola. Il numero degli alunni, infatti, è aumentato e i problemi di sicurezza sono all’ordine del giorno: se nelle scuole superiori i ragazzi diventano anche più di 30 per classe, nelle scuole primarie (materna ed elementare) si arriva a classi da 27 a 29 alunni, peggiorando la qualità del lavoro. A questo si aggiunge il taglio dei fondi, ovvero i soldi a disposizione delle scuole per il funzionamento ordinario, le attività aggiuntive e quant’altro, che sono di molto diminuiti; i tagli sono arrivati con la finanziaria mentre le scuole erano già in affanno per pagare le supplenze”.
Allora diventerà un lusso anche ammalarsi? “No, a questo ci pensa già Brunetta: il problema vero è che in caso di assenze lunghe, invece di nominare un supplente, faranno sostituire il docente assente con chi si trova in quel momento a disposizione. Quando questo non è possibile, le scuole saranno costrette a congedare prima i ragazzi. Nella secondaria di primo grado (scuola media) quest’anno c’è stato un taglio del 25% dei posti di lettere, materie chiave della formazione che si è scelto di sacrificare insieme all’educazione tecnica. Un’ora in meno per ogni classe sembra poco ma se le sommiamo fanno un bel po’ di posti tagliati. Molti di questi docenti, raggiunti i quarant’anni di servizio, sono stati messi in pensione d’ufficio. Anche persone sotto i sessant’anni nella primaria”. Come reagisce il sindacato? “Molte persone si rivolgono a noi, i precari però non si iscrivono senza uno stipendio. Quindi aumenta l’utenza, ma non il tesseramento”.
Tra i risultati c’è anche un incremento dell’emigrazione? “Si, i tagli infatti hanno inciso di più al Sud. La Puglia è stata una regione particolarmente mortificata e in primavera si è protestato molto, anche con un’occupazione simbolica dell’ufficio scolastico regionale. Risultato: si è recuperata qualche manciata di posti”.
Alessandra Lupo