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Winspeare: “In grazia di Dio e il ritorno alla campagna”

Il regista salentino parla della sua nuova pellicola, appena finanziata dall’Apulia Film Commission. E di come il digitale ha cambiato il modo di fare cinema 
 
Tra i quattro lungometraggi salentini finanziati dall’Apulia Film Commission, c’è quello del regista Edoardo Winspeare (nella foto), celebre per film come Pizzicata, Sangue vivo e I Galantuomini. La nuova pellicola si intitolerà In grazia di Dio, mentre esce in questi giorni un altro lavoro dello stesso regista, L’anima attesa, ispirato e dedicato alla figura di don Tonino Bello. 
Winspeare, di cosa parla In grazia di Dio?
Parla di una famiglia di “fasonisti”, ossia imprenditori che lavoravano per conto terzi, di cui un tempo la provincia di Lecce era piena. Questi “fasonisti” mandavano al Nord i prodotti, ma oggi, a causa della crisi economica, dei prezzi offerti dai cinesi che sono dieci volte inferiori ai nostri, i  protagonisti del film sono costretti a vendere la propria casa e andare a vivere in campagna. 
Cosa succede a quel punto?
Emerge un profondo senso di famiglia e di comunità, tanto che i personaggi, nella fine, vedranno un inizio di felicità. È un film dolce, che vede protagoniste le donne: ci sono uomini, ma finiscono per combinare stupidaggini e uno va in prigione, mentre l’altro emigra in Svizzera. 
Cosa pensa dei film fund e in particolare dell’Apulia Film Commission che ha finanziato una parte del suo film?
Penso che aiutano noi pugliesi a lavorare e questo è importante. Il mio è un film a basso costo e il finanziamento è stato attribuito non solo in base ai giorni di girato in provincia di Lecce, ma anche sulla base del budget complessivo stimato.
Per coprire il resto dei costi ricorrerete al product placement (l’inserimento pianificato di prodotti e marchi all’interno delle scene del film, ndr)?
Certo, ne abbiamo tanto di product placement, come la Banca Popolare Pugliese, che ha dato un grosso contribuito di 250mila euro.
È passato tanto tempo dai suoi esordi, da quel L’ultimo gattopardo. Cosa è cambiato, come si vede dall’esterno?
Non è facile vedersi dall’esterno, dovrebbero dirlo gli spettatori se sto facendo un buon lavoro. Sono passati 25 anni dal film che citate, ho vissuto piccola rivoluzione tecnologica. All’inizio lavoravo in 16mm o pellicola, montavo con moviola, usavo la pressa e la forbice, ora è tutto digitale. Credo di essere diventato più esperto, maturo. Ma credo di essere sempre appassionato. anche se forse un po’ più disincantato. 
Alcuni registi non apprezzano la rivoluzione del digitale: lei come la vede?
Il digitale certo non sacralizza l’inquadratura. Dieci minuti di negativo costavano 200mila lire e per stamparlo si doveva ricorrere a un altro milione, dovevi fare più attenzione quando posizionavi e dirigevi gli attori. Ma il digitale costa poco, le prove si svolgono durante il girato e i costi vengono abbattuti: questo è un bene. 
Esce in questi giorni il suo film su don Tonino Bello: come mai questa scelta?
Non è “su” don Tonino, ma ispirato e dedicato a lui, in occasione del ventennale della morte. Mi è stato chiesto da Pax Christi e racconta di un uomo che si occupa di finanza e un giorno scopre per la prima volta che gli uomini non sono lupi, ma sognano e hanno progetti di fratellanza. 
 
Angela Leucci