La casa circondariale di Borgo San Nicola a Lecce si attesta ai primi posti delle classifiche nazionali per il sovraffollamento e per le condizioni inumane in sono costretti a vivere i detenuti. Inoltre il personale di Polizia Penitenziaria, sotto organico e obbligato a turni lavoro massacranti, svolge quotidianamente il proprio lavoro tra mille difficoltà. Una realtà resa ancora più complessa dalle precarie condizioni strutturali e dalle scarse condizioni igieniche presenti nel carcere stesso
Più che un carcere, una polveriera. È questa l’idea che emerge scorrendo le disfunzioni e i problemi che attanagliano la casa circondariale Borgo San Nicola, il penitenziario leccese. Nella classifica nazionale il carcere salentino si attesta al 16esimo posto in Italia su 204, presentando un indice di sovraffollamento superiore del 120%: 1.454 i detenuti ospitati su 659 posti disponibili. Sulla situazione sono intervenuti a più riprese anche i parlamentari (l’ultima interrogazione al ministro della Giustizia risale al settembre di quest’anno a firma di alcuni parlamentari). “In quasi tutte le celle di circa 10 metri quadrati -si legge nel documento messo agli atti della Camera- originariamente previste per ospitare un solo detenuto, sono allocati letti a castello a tre piani, il che non assicura nemmeno i 3 metri quadrati calpestabili a testa, considerato lo spazio minimo al di sotto del quale si configura un trattamento disumano e degradante secondo la Corte Europea per i Diritti umani; le celle non sono provviste di doccia, ed essendo le 28 docce in comune non del tutto efficienti, con i piatti delle stesse che hanno perso l’impermeabilità e le conseguenti infiltrazioni tra i vari piani finiscono per interessare il box in uso al personale di sorveglianza ai passeggi”.
A Borgo San Nicola i problemi strutturali sono enormi: “Dotato di un sistema fognario realizzato a suo tempo per un numero nettamente inferiore di detenuti, continuano a verificarsi problemi di scarico che per evitare rotture all’impianto soprattutto d’estate consigliano la sospensione forzata di fornitura d’acqua per consentire il rinvaso nelle vasche di raccolta; nei turni notturni salta, per molte ore, l’energia elettrica e i gruppi elettrogeni interni non sono per nulla sufficienti a sostituire la rete pubblica, lasciando il personale e la popolazione detenuta nel totale buio e isolamento; le copiose infiltrazioni interessano anche i punti di derivazione elettrica tanto da rappresentare concreto pericolo di corto circuito o di folgorazioni”. A fare da contraltare al sovraffollamento, la riduzione della pianta organica degli addetti: su 763 agenti di Polizia Penitenziaria, nell’agosto scorso, erano 723 quelli che risultavano assegnati e 756 gli agenti effettivamente in servizio di cui però 106 erano assenti per malattia e 61 avviati alla commissione medica ospedaliera di Taranto per patologie da stress o ansioso-depressive; delle unità restanti circa 200 erano assenti a vario titolo (ferie comprese); 60 erano i pensionamenti non integrati con l’ultimo concorso che si è svolto nel 2003.
Una situazione che secondo la Uil, comporta il dover espletare turni di 8, 9 e anche 10 ore al giorno, senza peraltro poter garantire i livelli minimi di sicurezza previsti. Anche gli educatori sono al di sotto del necessario: su 14 persone previste dalla pianta organica, sempre nell’agosto scorso, vi erano 6 educatori assegnati e 8 effettivamente in servizio, mentre 6 risultavano gli psicologi. “Nel carcere di Lecce -continua l’interrogazione- dove sono ristretti 242 tossicodipendenti, di cui 62 in terapia metadonica e 18 sieropositivi, 350 affetti da epatite C e 140 con patologie di tipo psichiatrico, c’è una grave carenza di specialisti, presenti solo due giorni a settimana per 2 o 3 ore il che comporta la necessità di trasferimenti dei detenuti che hanno bisogno di visite specialistiche dal carcere presso le apposite strutture sanitarie con ulteriore sottrazione di agenti di polizia penitenziaria alle esigenze del penitenziario”.
Risulta infine scarsa l’adozione di misure alternative al carcere e del beneficio della liberazione anticipata: lo sconto di pena di 45 giorni al semestre che viene normalmente concesso per la buona condotta intramuraria, a Lecce viene invece riconosciuto solo se c’è il nulla osta da parte degli organi di polizia, investigativi e antimafia locali: in queste condizioni da gennaio 2010 si sono verificati due suicidi e ben 36 tentati suicidi sventati in extremis dal personale di Polizia Penitenziaria, numeri che pongono Lecce al secondo posto in Italia.