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Un popolo di valorosi guerrieri

Continua il viaggio di Belpaese nella storia dei Messapi. Le testimonianze storiche dei conflitti con i Tarantini e gli Spartani in Magna Grecia nel IV secolo a.C. 

 

I territori della Messapia, sconquassati dalla crisi della dodecapoli e dalle campagne militari di Archita, a seguito del terribile anno 350 a.C. erano indeboliti a livello militare, economico e politico. Militarmente, le popolazioni dei villaggi e delle città non potevano più garantire una leva regolare, ponendosi i governanti delle comunità messapiche nella difficilissima scelta tra mandare soldati al fronte e sottrarre vitale manodopera ai lavori della terra, ormai ridottisi alla sussistenza minima.

Archita aveva reso Taranto potentissima, con le sue truppe era riuscito ad espugnare Mesagne ed ad espandere l’influenza di Taranto fino all’Adriatico, isolando di fatto i messapi dagli alleati Peucezi e Dauni. Anche per questi meriti era stato nominato capo della confederazione italiota, e ne aveva posto la sede in Eraclea, ma non era tuttavia riuscito a venire a capo della strenua resistenza dei messapi, demandando ai suoi eredi la definitiva sconfitta dei giurati nemici di Taranto. 
I successori di Archita, in effetti, rafforzarono gli avamposti militari nei territori degli Iapigi, dal 343 al 338 a.C. fondando numerosi fortini (phrouria) come Pezza Petrosa, presso Grottaglie. Lo scopo militare di questi insediamenti, nei quali convivevano coloni tarantini con messapi “assoggettati” era fin troppo evidente: era cioè quello di garantire una difesa in profondità del territorio, distaccando piccoli contingenti militari in avamposti che avrebbero potuto costituire tanto strumenti di controllo strategico del territorio, quanto basi per lo stazionamento e la difesa per eserciti più numerosi provenienti dalla madrepatria tarantina. 
I Tarantini, sfruttando queste favorevoli circostanze, non persero la ghiottissima occasione per infliggere il colpo di grazia all’eterno nemico messapico, sempre più soffocato nel Salento ed al quale era stata soprattutto rotta la continuità dei traffici commerciali con le altre popolazioni pugliesi, tradizionalmente alleate. 
Con un certo machiavellismo ed impareggiabile abilità politica i tarantini misero alle strette i messapi e li costrinsero a fare il primo passo con una dichiarazione di guerra a Taranto. Taranto aveva comunque già allestito un esercito poderoso, che tuttavia non era sufficiente ad infliggere il colpo di grazia all’agonizzante Messapia. 
 
 
Un re spartano contro i Messapi 
 
Nell’anno 345 a.C. i tarantini, giustificati dal gesto disperato della dichiarazione di guerra da parte dei messapi, tentarono l’azzardo, chiamando lo stesso Re di Sparta, Archidamo III (nella foto), in loro aiuto, anche dal momento che in soccorso dei messapi giungevano da sud ovest i Lucani. Archidamo era figlio del grande Agesilao ed aveva condotto con sfortunato coraggio l’esercito di Sparta contro le falangi oblique del re tebano Epaminonda a Leuttra ed aveva guidato Sparta durante la terza guerra sacra, dimostrandosi un re accorto ed un abile e valoroso generale. 
Archidamo condusse attraverso l’Adriatico l’esercito spartano e si congiunse all’esercito tarantino, deciso a colpire al cuore la debole dodecapoli Messapica, ormai ridotta nei territori del solo Salento meridionale. Per cinque anni le truppe di Archidamo e dei Tarantini si mossero cercando lo scontro decisivo, ma non incontrarono che schermaglie coi cavalieri messapici che non fecero altro che fiaccarne la tenuta strategica, trasformando così la propria inferiorità in vantaggio. 
Nell’anno 338 a.C. Archidamo, fiaccato dagli improduttivi scontri con i messapi, decise di porre l’assedio a Manduria, dove si era concentrato il grosso dell’esercito messapico. Nello stesso giorno nel quale in Macedonia il re Filippo e suo figlio Alessandro affrontavano a Cheronea il battaglione sacro tebano e le falangi ateniesi, il re di Sparta cadeva in Terra d’Otranto, in una rovinosa sconfitta che avrebbe travolto non solo l’esercito spartano e tarantino, ma che avrebbe a lungo mutato gli equilibri geopolitici della magna Grecia.
I Messapi sfruttarono al massimo una vittoria così disperatamente ottenuta, e riacquisirono in breve tempo i territori sottratti loro da Archita; contemporaneamente Reggini e Lucani marciarono alla volta della Capitale della Lega Italiota, Eralcea, e la occuparono.
La situazione militare si era pericolosamente ribaltata a danno di Taranto, che non poté far altro che chiedere aiuto ai nuovi dominatori della Grecia, i Macedoni. 
 
Vincenzo Scarpello